E’ stata ricordata dagli organi di informazione il decennale della dipartita del regista Mario Monicelli. Come spesso accade, la stampa a volte ottusa e di sistema non ha messo in rilievo il gesto estremo di Monicelli come atto di libertà dalla sofferenza. Infatti il grande direttore artistico si è suicidato gettandosi dal quinto piano di un ospedale di Roma, dopo che gli era stato diagnosticato un tumore.

Perché?

La risposta silenziosa viene alla mente a chiunque: per non dover subire l’affronto della umiliante gestione medica della sofferenza e per non doverla imporre ai propri cari. Eppure i giornalisti associano sempre, ormai per una sorta di mutua convenzione, l’atto del suicidio alla banalità calunniosa che dietro le quinte della “tragedia” ci sia sempre una depressione o un colpevole abbandono da parte della famiglia.

La convenzione nasce da un “concordato” fra Stato italiano e Chiesa cattolica: mai ricordare che l’uomo libero ha il diritto di morire come vuole.

La Chiesa cattolica ha bisogno di corpi da accudire e di animi da svilire, quindi proscrive il concetto che vi possa essere un suicidio scelto in piena coscienza. Gli antichi invece lo sapevano bene e, sul loro esempio, noi abbiamo raccolto questi atti nella categoria del suicidio stoico, a ricordarci che un tempo, persino in Italia, esistevano uomini e donne liberi e coraggiosi. Mario Monicelli ha compiuto un suicidio stoico, liberatorio.

Gli amici e i parenti lo hanno capito e lo hanno detto; i giornalisti hanno censurato. Vengono in mente altri esempi non meno commoventi di suicidio stoico: da quello dello psicoanalista ebreo-americano Bruno Bettelheim a quelli del filosofo francese Gilles Deleuze e dello scrittore romano Mario Lucentini (della premiata ditta Fruttero & Lucentini), morti anche loro per sottrarsi alla collusione medicina-costrizione morale religiosa.

Non esistendo una legge sull’eutanasia, negli Stati Uniti, in Francia e in Italia, si muore ancora così. Piccoli grandi “resistenti” che ci ricordano che il dovere di garantire libertà di scelta ai nostri simili è il valore centrale della nostra civiltà.