Secondo il tragico greco Eschilo, Prométeo ha insegnato agli uomini l’intelligenza, simboleggia la fede nell’umanità, l’eterna sfida; per gli uomini ha rubato il fuoco a Zeus.

Con Prométeo la forza delle idee degli uomini può, superando l’ipocrisia imperante, fornire un forte motore per sconfiggere ogni forma di oscurantismo, per risollevarsi dalle banalità alle quali si assiste nel quotidiano, per togliersi le bende dagli occhi e i tappi dalle orecchie.

Abbiamo già parlato del potere della comunicazione oggi: fake news, informazioni surrettizie, echo-chambers, ecc.

Mi viene da ricordare come, in tempi in cui non c’erano i media attuali, manipolando le coscienze, a partire dai banchi scuola, e dalle attività giovanili (i figli della lupa, i balilla, gli avanguardisti) con la paura indotta in mille modi (essere assenti in un’occasione creava sospetto di opposizione al regime), con l’olio di ricino per le famose purghe, con il confino, con la soppressione fisica degli oppositori, con il bavaglio alla stampa libera, si creavano le condizioni per il consenso a tutte le malefatte.

E come si potrebbero spiegare diversamente le piazze gremite di gente che osannavano alle dichiarazioni di guerra: plaudivano nel mandare a morire giovani Italiani, amici, parenti, in guerre di conquista anacronistiche, fuori dal tempo e dalla storia! Erano tutti fascisti? Certamente no. Erano piuttosto essi stessi vittime del fascismo, di una corruzione della mente instillata da una gerarchia di potere, di volontà di sopraffazione e di manipolazione delle masse.

E così andavano in Africa – c’era l’esigenza della quarta sponda per l’impero- per conquistare popoli, Eritrei, Somali, Libici, e in patria si cantavano le canzoni predisposte dai corifei del regime: “Faccetta nera, bell’Abissina, aspetta e spera che già l’ora si avvicina, quando saremo vicino a te noi ti daremo un’altra legge e un altro Re…..” e poi “Tripoli bel suo d’amore … sventoli il tricolore sulle tue torri al rombo dei cannoni… ” e ancora

“Giovinezza, giovinezza – Primavera di bellezza-Nella vita e nell’asprezza-Il tuo canto squilla e va – …..- I poeti e gli artigiani-I signori contadini-Con orgoglio di italiani-Giuran fede a Mussolini-Non v’è povero quartiere-Che non mandi le sue schiere-Che non spieghi le bandiere-Del fascismo redentor …”, ultima ma non l’ulima

O bella Dalmazia, – o suolo natio – ricevi un addio – dai Legionar. – Si, si la bella Patria, – Dalmazia si chiama, – la nostra promessa: – “si vincerà o si muor”. – Si, si, silenzio – questa è la voce, – questa è la voce – ci chiama la nostra bandiera. — Lo giuriamo sull’onore dei dalmati – che fra noi non esisterà un croato, – noi giuriam sulla nostra bandiera: – Legionari siam pronti alla guerra. – Si, lo giuriam!

E mentre cantavano tutto questo e diffondevano questi canti in Italia, che facevano nelle terre conquistate, colonizzatori fuori tempo?

Qui il discorso è lungo- L’idea circolante era che “noi italiani brava gente” quando colonizzavamo non eravamo come gli altri, eravamo virtuosi, costruivamo ponti, strade, ecc. Non si raccontava certo dei crimini, dei massacri, della segregazione razziale e delle vessazioni subite dalle popolazioni locali, indigeni appunto.

Per saperne di più vale il link di approfondimento dove troverete un ampio resoconto. E pensare che si chiedevano le fedi nuziali: “oro per la Patria” per finanziare le imprese.

Per quanto attiene la questione Dalmata mi permetto di riportare un altro link su una corrispondenza apparsa sul Corriere della sera, domanda del lettore, risposta del giornalista.

A buon intenditore. Peccato che non c’è stata un’altra Norimberga per accertatre anche gli altri crimini di tutte le altre parti oltre quella nazista.