Un genere letterario bistrattato quello della poesia, relegato ai margini degli eventi culturali dominanti, riservato ad una élite esclusiva di estimatori e considerata troppo difficile e lontana dalla vita di ogni giorno. Parecchi però scrivono poesia oggi e si cimentano in una forma d’arte che viene poi letta poco. Molti sono coloro che in qualche momento della loro vita hanno buttato giù dei versi, scribacchiando su un diario, un pezzetto di carta o, in quest’epoca votata alla tecnologia, sul cellulare. Difficile credere, quindi, che si vendano poche sillogi di poesie e che gli editori rifiutino conseguentemente di pubblicarne: basterebbe che ognuno di questi aspiranti poeti comprasse un libro per innalzare la percentuale delle vendite.

Queste considerazioni iniziali ci portano inevitabilmente alla riflessione su cosa sia la poesia, quali le componenti che la rendono così unica e diversa dagli altri generi letterari e che ruolo questa assuma, oggi, in una società complessa e afflitta da immense problematiche sociali. Sulla poesia e sui poeti si è detto tanto e altro verrà espresso in futuro nella molteplicità delle opinioni e attraverso i pareri più disparati. La poesia, tra le più antiche forme di espressione artistica, è stata vista nel tempo come risultato di una fuggevole ispirazione, come sentimento ed emozione, come messaggio rivoluzionario per cambiare il mondo o, infine, come pura espressione di tormento interiore fine a se stessa, senza scopi sociali o morali. Il poeta ha assunto ruoli contrastanti vacillando tra una personificazione di essenza quasi divina ad un emarginato sociale relegato, per parafrasare Alda Merini, a scrivere nelle ore notturne al tacere del “linciaggio delle ore”. Quale potrebbe quindi essere il ruolo di chi coraggiosamente decide di scrivere poesia oggi?

Secondo William Wordsworth il poeta non era altro se non “un uomo che parla agli uomini” (Preface to Lyrical Ballads) mentre Samuel Taylor Coleridge pensava alla capacità del poeta di stabilire un rapporto di fiducia nel lettore al punto da fargli sospendere ogni possibile incredulità. Una funzione sociale, quasi rivoluzionaria quella di Shelley che si auspica che i versi possano soffiare come il più violento dei venti riuscendo a far scoppiare una reazione politica e storica ad ogni forma di tirannia. Sarà il ‘900 a riportare il poeta nella sua “Martello Tower”, la sua stanza privata dove coltivare sensazioni ed emozioni senza doverle necessariamente comunicare al resto dell’umanità dato che, parafrasando Montale “Codesto solo oggi possiamo dirti/
ciò che non siamo, ciò che non vogliamo”
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Chi è dunque oggi il poeta? Sta ancora rinchiuso nella sua torre d’avorio incapace di trovare parole da dire o dobbiamo piuttosto pensarlo come un abile manipolatore di parole e suoni al punto da toccare le corde dell’anima e affrontare temi forti e scottanti con forza e delicatezza al contempo? Se i poeti  “lavorano di notte…nel buio,,/come falchi notturni od usignoli” è anche vero che fanno, o è necessario che facciano, citando Alda Merini, (I Poeti lavorano di notte)“rumore nel loro silenzio”.

Ecco allora che il poeta si riappropria del suo ruolo sociale e si cala nella contemporaneità. Come potrebbe un artista, un facilitatore di parole, restare indifferente alle problematiche del suo tempo senza trasformare i suoi pensieri e le impressioni che provengono dal contatto con il reale in versi? Saprebbe un poeta navigare nel mare delle proprie riflessioni senza toccare il dramma dei migranti che colora le acque del Mediterraneo?

Sono una barca  
Onde profonde e scure di notte, veleggio verso porti sicuri, porto chi piange, chi vomita e urla, chi chiama mamma ma mamma non c’è. Sono una barca, sono fuga sicura, sono una barca e speranza è con me. Mare si ingrossa!  
Onde rapaci come avvoltoi, come  tigri feroci che dei cristiani faranno una strage… Sono una barca, sono terra futura, veleggio piano nel mare in tempesta, sono una barca ma quest’onda è più forte! Mi sbatte – scuote – fa strage di me – mi capovolge: e l’umano è sommerso! Rimane poco di futuro e di me.

Il poeta così riesce a trasformare in parole e suoni i drammi del difficile presente senza dilungarsi con discorsi spesso ridondanti ma utilizzando suoni e immagini forti e toccanti che solo il linguaggio figurativo, proprio della poesia, riesce a fornire. Sono tante le questioni che agitano la nostra epoca e non si rimane indifferenti al susseguirsi di atti di violenza contro le donne e femminicidi. Ancora una volta la poesia può contribuire a scuotere le coscienze svolgendo una funzione non solo sociale ma fortemente etica ed educativa. Ancora una volta le parole possono viaggiare per il mondo e negli occhi della gente.

Urla una donna nella pioggia   Piove su brandelli di pelle vilipesa e muta, su carezze non volute, su stelle in cielo senza luce. Più cresceranno fili d’erba nei silenzi di prati immobili, negli scuri anfratti di giorni malati e stanchi. Piove ed è violenza a colorare come il fuoco gli abbracci rifiutati ed Innocenza vola, battito d’ali e fragile farfalla, tra la dolcezza dei ricordi. Ed è già lì, un disegno all’orizzonte, la filigrana di vita lacerata,   Lucia Lo Bianco  non più rondine tornata a primavera, solo amore offeso dentro a un bosco. Piove su un canto libero ch’è urlo di una donna, tra note calde e vibranti di magia e bianchi tasti macchiati dalla pioggia, ma sono perle le lacrime negli occhi. Piove su quella carne che odora d’armonia sfumata a chicchi caduti come il grano. Piove mentre di donna appena s’ode l’urlo tra la pioggia, mentre si rompono i fili di rugiada sui bianchi fiori raccolti da bambina.

1.      Lo Bianco Lucia., “Sono una Barca”, Carta e Penna Editore Torino, 2021

  • Lo Bianco Lucia., “Urla una donna nella pioggia”, Diritti d’autore riservati.