La colonna di marmo lavato, svetta, maestosa, dall’ampia centralissima piazza della città. Si slancia, tra il verde alberato, in un lembo di cielo. Grigio cinerino. Di dicembre.

L’elemento architettonico orientaleggiante, è espressione di un classicismo raffinato ed elegante. Di chiaro stile ionico. Nel vigore della sua monumentalità, è poca cosa. Se lo sguardo si leva più in alto, oltre il superbo “capitellum”, fregiato a volute. E se si ferma sul “centro dell’occhio”. Dove posa, mediando la sua funzione decorativa ed il suo significato religioso, la bianca marmorea scultura della Vergine.

Imponente e solenne, sovrasta il Palazzo di Città, gli anonimi condominii tutt’intorno, il campanile della Chiesa.

Lei, sospesa tra terra e cielo. Lei, richiamo di terra e anelito di cielo. Lei, metafora dell’umano e del divino.

Maria. Realtà storica e mistero. Creatura vivente, a Nazareth. Oltre duemila anni fa. Figlia di stirpe ebrea. Stirpe , segnata, ieri come oggi, da sofferenze, persecuzioni, migrazioni, esili. Da passioni e rinunce. Da amore e morte.

Maria, ne è corollario e sintesi.

Umana e divina. Figlia del suo tempo e madre dell’eternità.

“ Vergine madre, figlia del tuo Figlio,

Umile ed alta più che creatura…”

Nei versi di Dante, il mistero che avvolge Maria.

Il mistero, che l’attività speculativa di teologi e filosofi propone all’umana ratio, per addivenire ad            una rigorosa verità assoluta ed universale.

La dottrina tomistica richiama la “verginità” di Maria, madre di Dio, nell’accezione di “redenzione

preventiva” dal “debitum culpae originalis”.

Tra fede e filosofia, la tesi elaborata da Giovanni Duns Scoto, soprannominato “Dottore dell’Immacolata”. Che scrive: “ Dio riserva a Maria il privilegio di esentarla dal peccato originale collocandola nel mistero di creatura pura”.

La castità della Vergine diventa “dogma” proclamato da Papa Pio IX, mediante l’Enciclica “Ineffabilis Deus”. La storia segna la data “ 8 dicembre 1854”. Assunta a giorno celebrativo ufficializzato nel Calendario Ecclesiastico, e resa “festa universale” da Clemente XI.

Correva l’anno 1708. Ma la ricorrenza era già celebrata in Oriente, fin dal VI secolo a.C..

Nella Bolla Papale si legge: “ Il primo vero capolavoro di Dio: sfuggita ai dardi infuocati del maligno, centro nel mondo, bella per natura, estranea al peccato nella sua Concezione Immacolata, come l’aurora che spande tutt’intorno la sua luce”.

Oltre ogni opinione teologica e dottrinale, risultante “consonante alle Sacre Scritture”, oltre le “riflessioni dei Padri della Chiesa”, al di là delle liturgie Ecclesiastiche, la storia di Maria Immacolata è, anzitutto, storia d’amore, di obbedienza, di volontà e di coraggio. Che trascina con sé altre storie. Di fascino

e di mistero.

Ad essa si ispirano i riti devozionali dei fedeli, la moltitudine credente, la tradizione popolare. E il Mondo intero di sempre, assetato, sempre, di spiritualità.

Funzioni religiose e cerimonie celebrative si svolgono in questo giorno. All’ombra delle Cattedrali europee, dell’Est e dell’Ovest del Globo, e negli angoli sperduti ed anonimi della Terra.  Ad ogni grado di latitudine, si rende omaggio e gloria a Maria Immacolata. La creatura fragile di terra, immensa di cielo.

E alla creatività dell’arte è affidata l’esaltazione della bellezza purificatrice di Maria. Pittori, poeti,

musicisti, esprimono, ciascuno a modo proprio, il Suo incanto, il Suo splendore, la Sua magia. La Letteratura ne è ricolma.

“Tota pulchra es, Maria, et macula originalis non est in te” .

Nel canto gregoriano, l’esplosione pulsante della Sua bellezza salvatrice e salvifica. Simboleggiata nella solennità delle cime innevate, nel raccolto silenzio dei boschi, nella forza prepotente del mare, nella quiete delle radure, nell’arcano della notte. E che rifulge, nel sorriso di un bimbo, nelle inquietudini dell’adolescente, nelle lacrime di una madre, nell’arsura di infinito di ogni uomo.

La pietà popolare canta

“Bella tu sei qual sole,

bianca più della luna,

e le stelle, la più bella,

non è bella al par di Te”.

 

Il suo candore è la sua sensualità; nelle sue passioni, il trionfo della sua grande bellezza; nell’ardore dell’immenso, la sua luminosità.

Ed è tardi. Anche nel tempo che scorre sulla vita…

Se è alba, giorno, meriggio, tramonto o sera, poco importa… Quando nella galassia del buio torna il bagliore della luce…

Anche nel mio firmamento, dov’è notte piena, si è accesa una stella.