Salire in cima al promontorio, ruotare con lo sguardo a 360 gradi, è ripercorrere la storia, è godere delle suggestioni paesaggistiche, delle albe e dei tramonti straordinari, del mare cristallino; immaginare gli antichi colonizzatori greci, le navi fenicie, spagnole, francesi, le incursioni piratesche, gli scambi commerciali, le religioni che si sono susseguite: pagana, cristiana ebraica; ma soprattutto sognare quello che questo luogo sarebbe potuto diventare in una cornice da sogno

alba
tramonto
L’Etna in attività

LA STATUA DELLA MADONNA DEEL MARE

Siamo nel luogo dove il 30 aprile 1965, sulla parte culminante il Promontorio di Capo San Giovanni, con grande partecipazione di popolo, è stata posta una statua bronzea di circa 8 quintali, opera dello scultore Celestino Petrone, raffigurante la Madonna nell’atto di benedire i naviganti, appellata per questo Stella Maris.  

  Su una delle lapidi poste sul piedistallo si legge: ” Patrona Santa dell’antica Delia, Stella Mattutina che vincesti le tenebre della notte pagana in questo lido e rifulgi nei secoli ” Madonna del Mare ” mostra ai tuoi figli la sicura via dell’eterna salvezza. Benigna guardando il mare più azzurro d’Italia presago del celeste destino”.

Il riferimento al mondo pagano riporta alle ataviche tradizioni di Deri o Scyllàca, in cui era tradizione festeggiare la Venere venuta dal mare, costituita da una conchiglia su cui la dea era seduta e trasportata da quattro tritoni, rinvenuta sulla spiaggia sottostante nel 1558 e requisita dal vescovo Tolomeo Corfinio che la porta a Roma. Il tempietto dedicato a Venere sembra fosse collocato su Capo Crisafi, altro appellativo del promontorio, dove i giovani, nel mese di maggio, si radunavano per celebrare le feste in onore di Afrodite. Dopo l’avvento del Cristianesimo la tradizione pagana è   trasformata in mariana.

L’ANTICA DELIA E IL PARCO ARCHEODERI

Volgendo lo sguardo ad Est, l’antica Delia dove il culto della madonna Assunta si era sovrapposto al culto di una divinità pagana; la sua popolazione anche dopo la forzata migrazione a causa delle incursioni che rendevano invivibili le coste, tenne viva e tramandò la devozione per la Madonna Assunta,  che veniva festeggiata nel giorno dell’Ascensione, tornando in pellegrinaggio alla marina di origine. Da qui si affermò la consuetudine di chiamarla Madonna del Mare.

Sull’origine, esistenza ed ubicazione dell’insediamento di Delia o Deri o Scillàca diversi Autori (G. Autelitano, A. Catanea, P. Larizza, P. Catanea Alati, D. Bertone Misiano, ecc.) propugnano tesi tra loro contrastanti ma gli odierni rinvenimenti archeologici ci consentono di affermare che l’abitato era ubicato ad Est di Capo Crisafi, in corrispondenza delle odierne località di San Pasquale, Deri e Panaghìa.

Tale esistenza, ai nostri giorni è confermata dai numerosi ritrovamenti di reperti archeologici venuti alla luce, soprattutto lungo la sponda sinistra della fiumara San Pasquale (ancora tutt’oggi denominata Deri),

Ultimo di questi è il ritrovamento di un intero sito di notevole importanza archeologica tra cui spicca un bellissimo pavimento a mosaico che, secondo gli esperti e sentito pure il Rabbino Elio Toaff, apparteneva ad una Sinagoga del IV sec. d.C.. L’intero insediamento così ci viene descritto dalla Sovrintendente, dott.ssa Elena Lattanzi: “Un ampio settore di insediamento romano, sviluppatosi dal II al V sec. d.C. in un’area in precedenza occupata da un insediamento ellenistico, ha messo in luce tre diversi complessi di ambienti, databili nel corso del IV sec. d.C., nonché un lembo di una piccola necropoli, con tombe a cassone in muratura e deposizioni di bambini in anforoni, databili a partire dal V sec. d.C..  Allo stesso periodo, o poco dopo, è riferibile anche un tesoretto monetale di 3.079 bronzi, occultato in un momento di abbandono dell’insediamento.  Le strutture murarie riferibili all’antico abitato, sono conservate all’altezza delle fondazioni, costituite da ciottoli di fiume, mentre l’alzato doveva essere in mattoni crudi e graticcio.

I reperti e l’importante mosaico pavimentale che testimoniano la presenza ebraica sono custoditi nell’annesso PARCO ARCHEODERI

LA TORRE D’AVVISTAMENTO

Alle spalle della statua, verso nord la Torre di Avvistamento.

Intorno alla metà del XVI secolo, al fine di proteggere i centri abitati interni dalle continue invasioni turchesche, il viceré di Napoli per Carlo V, Don Pietro di Toledo, dà ordine di difendere le zone costiere con la realizzazione di una linea di torri di guardia costruite nel 1550 anche in Calabria. Esse hanno   scopo essenzialmente preventivo, avendo il compito di segnalare col fuoco alle torri vicine l’arrivo del nemico.

Nel territorio della Marina di Bova inizialmente è costruita solo la torre di San Giovanni D’Avalos,

LA CHIESETTA SANTUARIO

Subito dopo la Torre, la chiesetta, cappella della nobile famiglia dei Marzano,  elevata a piccolo santuario dopo la collocazione della statua, per iniziativa del vescovo Sorrentino,

La famiglia Marzano, antica e nobile stirpe dei duchi di Sessa, godette nobiltà in Crotone, Stilo, Tropea, Monteleone e Seminara. Il ramo di Bova deriva da quello di Seminara

Il vescovo Marzano, nel 1741, fondò l’ospedale per i poveri e nel 1789 la confraternita del Rosario.

In Bova Marina nasce l’Orfanotrofio “Caterina Marzano” costruito per donazione e volontà della Sig.na Caterina Marzano, ultima erede della benestante famiglia giunta nella Bovesìa nei primi decenni del sec. XVIII. 

 I Marzano non nascosero mai le loro idee liberali, e don Domenico Marzano fu perseguitato politico dopo i moti del 1847

BOVA, LA CHORA

E ancora oltre verso i monti BOVA, arroccata sulle pendici di un colle, a 820 m s.l.m., si estende su una superficie di Kmq 46,74.

Le sue origini sono antichissime, infatti, numerosi reperti di epoca neolitica, come asce di selce, dimostrano l’esistenza di un insediamento umano che ebbe anche scambi commerciali con gli abitatori delle isole Eolie, come testimonia la presenza di schegge di ossidiana.

Anticamente, secondo la tradizione, il sito fu abitato dai Pelasgi e dagli Ausoni che erano dediti alla pastorizia ed in modo particolare all’allevamento dei bovini, da cui si presume sia derivato, in epoca romana, il toponimo a cui si fa risalire l’origine del suo nome.

Questo centro montano acquistò sempre più importanza sia per la sua posizione strategico-militare che per essere successivamente sede vescovile.

Nel 1276 “il territorio di Bova risultava avere 1806 abitanti” secondo un censimento disposto da Carlo I d’Angiò.

 Un saccheggio ad opera dei Turchi nel 1620,  un disastroso terremoto   nel 1783 e una devastazione   dei Francesi e dei Borbonici nel 1807, determinarono reiterate distruzioni.

La Diocesi di Bova ha cessato la sua millenaria esistenza autonoma in seguito al nuovo riassetto Canonico operato nel 1986, papa Giovanni Paolo II, quando fu accorpata a quella di Reggio Calabria. .

L’origine, della Diocesi fornita dall’ Autelitano non è documentata, tuttavia sappiamo che, in seguito alla dominazione bizantina, divenne un centro importante di rito greco, largamente diffuso dai monaci basiliani che, venuti dall’Oriente, avevano fondato numerosi monasteri che sopravvissero a lungo, anche dopo la fine della dominazione bizantina. Infatti, pare che nella Diocesi di Bova ce ne fossero cinque, di cui nel XVIII sec. esistevano ancora due.

Sappiamo, inoltre, che nel corso dei secoli X e XI tale Episcopato era alle dipendenze del Patriarca di Costantinopoli.

Il rito bizantino durò fino al 30 gennaio 1573, quanto il Vescovo di Bova, Mons. Giulio Stauriano, con Bolla Pontificia impose il rito latino. La popolazione, essendo totalmente di lingua greca, non gradì tale cambiamento; la morte del vescovo, qualche decennio dopo, in seguito a una pestilenza fu considerata una “sacrosanta punizione divina”.

BELVEDERE, MOSAICO DELLA MADONNA DEL MARE, DEDALO

Guardando in basso, in fregio all’ex SS106, il Belvedere, poi un mosaico della Madonna del Mare, opera del laboratorio artistico della locale Università per la Terza Età e Tempo Libero, per iniziativa del prof. Elio Cotronei, davanti al quale un’ancora lunga tre metri vuole essere  “l’ancora di salvezza dalle procelle della vita” e, ancora, una scultura che rappresenta Dedalo mentre fornisce le ali ad Icaro come a voler simboleggiare un augurio a  Bova Marina che guarda, perché metta le ali e voli in alto, ma … non troppo vicino al sole. Quest’ultima ad iniziativa di Mimmo Candela che promette anche Dedalo.

LA ROCCA BIANCA

Guardando ad Ovest la Rocca Bianca e   … Bova Marina

Cessato il pericolo delle invasioni turchesche, si comincia a popolare sempre più la fascia costiera. A partire dalla seconda metà del sec. XVIII sembra che gli scambi marittimi si siano intensificati, grazie pure alla presenza del porto naturale localizzato fra la Rocca Bianca e la punta estrema di Capo San Giovanni, come si può riscontrare in  uno dei disegni eseguito dallo Chatelet ed annesso al “Voyage pittoresque” di Giovanni Richard abate di Saint Non. 

Sono frequenti e suggestivi i tramonti con l’Etna sullo sfondo, il suo pennacchio di fumo, le tonalità di colori del cielo, delle nuvole e il riflesso sul mare.

Un incanto che fa dimenticare la pochezza degli uomini che queste risorse non riescono a valorizzare o, se preferite, a capitalizzare.

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