Premessa

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Sul versante Meridionale del Mar Tirreno, lungo la” costa degli dei”, su una rupe a ridosso del mare sorge Pizzo.

L’origine del suo nome è fonte di contraddizioni: alcuni studiosi affermano che ai tempi della Magna Grecia Nepeto avesse fondato Napitia, da qui la denominazione”nipitini” degli abitanti; altri affermano che deve il suo nome  per la sua forma a becco di uccello nel suo punto sporgente che dà sul mare.

Il paese oltre che per l’esportazione del tonno, è noto anche per la pesca  dei “surici” (nome calabrese del pesce pettine), della fragola, dello Zibibbo (varietà di uva bianca), è rinomato per il tartufo nero, appunto  di Pizzo e soprattutto per il castello Aragonese meglio conosciuto col nome di “Castello Murat”.  Qui si svolse la cattura prigionia e morte del Re di Napoli Gioacchino Murat cognato di Napoleone Bonaparte.

        Visita al Paese

Partiti da Bova Marina (ormai gruppo consolidato) siamo giunti a Pizzo.

Il pullman non può entrare in paese quindi si lascia parcheggiato in una grande piazza e ci si incammina verso il centro. All’inizio del paese troviamo la chiesa cinquecentesca di San Francesco da Paola con la sua facciata tutta candida. Purtroppo è chiusa però all’esterno della chiesa visitiamo il monumento a padre Pasquale Ferrara dei Minori, il monumento in memoria dei caduti in mare, da cui si gode un bellissimo panorama, il monumento a San Francesco di Paola sulla via nazionale e la galleria delle acque sorgive del XV secolo.

Riprendendo il corso San Francesco arriviamo, dopo Corso Garibaldi in Piazza della Repubblica al centro storico.

Nel cuore di questo si trova la Chiesa matrice di San Giorgio martire. Questa è la più antica collegiata della diocesi di Mileto. Presenta una facciata barocca del 1632 con un bellissimo portale in marmo e due campanili; in quello di destra vi è un orologio sonoro meccanico, in quello di sinistra tre campane in bronzo. L’interno presenta statue marmoree cinquecentesche, sul soffitto della navata centrale il martirio di San Giorgio e Santa Cecilia; sempre all’interno ci sono due altari: in quello di destra si conserva un crocifisso ligneo del tardi 700. Inoltre si racconta che nei sotterranei lungo la navata centrale sia stato sepolto il re Gioacchino Murat fucilato nel castello di Pizzo il 13 ottobre 1815.

Sempre in via della Repubblica ci fermiamo nella piazza grande; siamo stati “fortunati”, siamo capitati in uno dei giorni, in cui si svolge un “mercatino artigianale” e   non soltanto. C’è molta animazione, facciamo un giro tra i vari stand.

Contemporaneamente continuiamo a visitare il centro storico. Veniamo subito conquistati dai vari vicoletti che si diramano da questa piazza piena di negozi di souvenir di prodotti tipici locali (vedi nduja) peperoncini, cipolle. Le case, presentano quasi tutte piccoli balconcini fioriti. A ridosso delle case o fuori sugli usci all’ombra stanno seduti anziani a commentare ciò che accade in paese.

Arriviamo in uno dei tanti vicoli chiamato “vicolo dei baci”; ci fermiamo ad osservare e a commentare  scherzando sui i giovani che ridendo e tenendosi per mano salgono su per gli scalini, si fermano e baciandosi si fanno scattare una foto. 

Infine un po’ stanchi e accaldati ci fermiamo in uno dei bar del centro a gustare il famoso tartufo ma non prima di esserci dissetati presso la fontana vecchia chiamata anche fontana Garibaldi  composta da 4 teste da cui esce dalla bocca l’acqua datata MDCCCLXVI( 1866 ).

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Tutto il paese è ricco di fontane; un’altra la troviamo accanto al monastero di Sant’Agostino e la fontana del macello (funtana du macellu) in quanto anticamente in questo luogo era ubicato il mattatoio comunale.

La passeggiata per il momento si conclude nella grande balconata “u spunduni”, che offre una vista spettacolare: si può vedere Stromboli, il golfo di Sant’Eufemia e un tramonto molto suggestivo.

Sporgendosi si vede la via Marina “Pizza Pundi”, il lungomare Cristoforo Colombo della Pizzo Marina.

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Lo splendido mare sembra assumere i colori dell’arcobaleno: verde- turchese, violaceo, azzurro e blu. Prima di andare a visitare il castello Murat, decidiamo di fare un giro turistico a bordo delle mitiche ape-car condotte da operatori turistici locali. È stato un giro all’insegna dell’allegria e della spensieratezza. Fantastico scendere attraverso tornanti, alla marina di Pizzo, con musica alta, “schiamazzi”, risate e

I conducenti che si superavano a vicenda suonando.

Eravamo cinque “apette”, naturalmente la più “indisciplinata” era quella della mia compagnia. Sinceramente è un tour che consiglio a tutti di provare. Finito il giro ritorniamo nella piazza centrale e finita la spensieratezza ci accingiamo a visitare il castello Murat.

             Storia

Prima di descrivere il castello è doveroso parlare del re Gioacchino Murat.

Molto importante è la sua vita e storia.

È stato un valido e valoroso condottiero.

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 Comandante della cavalleria napoleonica, portò l’esercito francese più volte alla vittoria e come “riconoscenza” ottenne da Napoleone la mano di Carolina Bonaparte. Nel 1808 ricevette dall’imperatore la corona del Regno di Napoli al posto di Giuseppe Bonaparte divenuto re di Spagna. Fece molte riforme: cercò di risollevare il popolo dalla miseria, andò contro gli ecclesiastici corrotti confiscandone i beni e inimicandosi il clero. Fondò il banco delle due Sicilie e avviò opere pubbliche per Napoli e il Meridione, abolì il feudalesimo, fece riprendere gli scavi di Ercolano. Si ebbe una notevole riduzione del brigantaggio.

Portò l’ illuminazione pubblica a Reggio Calabria, fu promotore di un nuovo sistema legislativo civile che tra le altre cose consentiva in Italia per la prima volta il divorzio e il matrimonio civile. Ma con la caduta di Napoleone  i Borboni, con l’aiuto degli alleati, ripresero il controllo di Napoli. Ma Murat non si arrese e nel 1815 lanciò un celebre proclama in cui esortava gli italiani a lottare uniti per l’indipendenza e che ispirò al Manzoni il “proclama di Rimini”

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Fu sconfitto in due battaglie ma non demorse e  tentò di riprendersi il Regno di Napoli.

Partì da Ajaccio a giugno con 6 battelli  verso Napoli, ma, a causa di una tempesta furono dirottati verso la Calabria. Quattro dei suoi battelli vennero distrutti dalla tempesta, arrivò a Pizzo l’8 ottobre.

 Siccome c’era già stato un’altra volta, era convinto di riuscire a sollevare le popolazioni meridionali contro la restaurazione borbonica, ma subito grazie anche ad un tradimento venne intercettato dalla gendarmeria borbonica e arrestato insieme agli ultimi suoi fedelissimi.  Proprio in questo castello si svolsero gli ultimi giorni del re: dal suo arresto, alla sua detenzione fino alla morte per fucilazione avvenuta il 13 ottobre 1815.

           Il Castello 

In un primo tempo il castello era formato dalla sola Torre Mastia di avvistamento. Infatti lo scopo era quello di avvistare e difendere la popolazione dalle incursioni saracene.

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Dopo circa un secolo il Re Ferdinando I d’Aragona diede inizio alla costruzione di un vero e proprio Castello, ma con il preciso intento di contenere sempre le scorrerie saracene. infatti funzionò sempre come Fortezza militare e prigione.Cominciano dal 1599, i nomi di personaggi illustri che sono stati rinchiusi in questa Fortezza militare: il filosofo Tommaso Campanella, Giuseppe Balsano conte di Cagliostro, Francesco Moscato, detto il “bizzarro”, famoso capo del brigantaggio antifrancese, il filosofo calabrese (Tropea) Gallupi Pasquale, Ricciotti Garibaldi, figlio di Anita e dell’eroe dei due mondi, ma quello più illustre, senza nulla togliere agli altri, e che lo rese famoso, fu Gioacchino Murat. Infatti, oggi il castello, proprio per questo tratto di storia attrae migliaia di visitatori richiamati dalla tragica fine di un valoroso e rivoluzionario re. Il castello si presenta con la classica forma quadrangolare con un lato a picco sul mare l’altro circondato da un profondo fossato; è composto da due torri cilindriche ancora in perfetto stato; La Torre Grande (Torre Mastia) è di origine angioina. Si trovano ancora due cannoni. Alle origini si accedeva all’interno tramite un ponte levatoio sostituito da un ponte tradizionale in pietra; sopra il grande portone vi è lo stemma e tra le due feritoie si trova una targa commemorativa della fucilazione del re.

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                  TARGA

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Alla memoria benedetta del Re Gioacchino Murat

Principe glorioso nella vita

Impavido davanti la morte

Qui dove fu fucilato         

Questa pietra

Riscatto di un giorno

Reso tristissimo

Dalla ferocia

Di un governo insano

   Il comune di Pizzo

Pose

Dal 2003 è diventato museo murattiano mentre dal 1892 monumento nazionale.

Appena entrati visitiamo subito la biblioteca tematica murattiana e napoleonica, che conserva  documenti storici, stampe, piante sulle origini del Castello, copia di cimeli murattiani. I più importanti sono; il busto ottocentesco di Murat, un elmo in marmo di una statua equestre di Ferdinando IV (del Canova),  una collezione originale di monete antiche e armi risalenti all’800. Ciò che si presenta ai nostri occhi è “surreale”; in tutto il castello vengono riprodotti il più fedelmente possibile gli ultimi giorni di Murat. Lungo il corridoio, illuminati da torce, ci sono manichini che rappresentano i gendarmi, le celle con soldati sulla brandina  e all’impiedi. Scendiamo attraverso scalini nei semi-sotterranei, all’interno vi sono i soldati di Murat; ritorniamo al primo piano  nella grande sala dove all’interno viene ricostruita la vita da prigioniero di Murat con manichini vestiti coi costumi originali dell’epoca.

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Dopo aver visitato la sala-museo, entriamo nella sala dove si è svolto il processo. Il suo interno presenta una credenza dove sono riposti abiti epocali piegati,  un cappello, alle pareti delle sciabole, quadri, ma quello che attira maggiormente la nostra attenzione è un grande tavolo pieno di carte. Qui è riunita la giuria della farsa-processo che portò Murat alla fucilazione. Seduti intorno a questo tavolo ci sono: il tenente Francesco Froio, il generale Vito Nunziante, il capitano Giuseppe Starace, il generale di stato Maggiore Giuseppe Fasulo. Ai lati, all’impiedi, 2 soldati e lo stesso Murat all’impiedi di fronte al tavolo. Osservando la scena sembra di fare un salto nel tempo , usciamo dalla sala e dopo aver attraversato un corridoio con celle “abitate”da prigionieri, sentinelle,  armerie con fucili reali d’epoca saliamo alcuni gradini e arriviamo al secondo piano. Qui si trova la cella di Murat; è riproposta la scena della confessione del re con Il canonico Masdea. Il re è seduto con le spalle rivolte la finestrella Il canonico in piedi accanto al tavolino- scrittoio, adiacente la parete una brandina. Qui si dice abbia scritto La lettera d’addio alla moglie Carolina e ai suoi quattro figli. Il 13 ottobre 1815 il re venne condotto fuori per la fucilazione sembra abbia chiesto di dar lui il via al fuoco e che al momento di dare il via abbia detto: mirate al petto non al viso!  Ancora una volta diede nota del suo coraggio e del suo spirito soldatesco. La lettera venne consegnata alla moglie molto dopo la fucilazione del re. Questa avvenne per mano di Dumas che volle visitare il luogo di morte e rendere omaggio a questo grande valoroso uomo.

Ogni anno dal 2004 a Pizzo, nel mese di ottobre, si ripropone lo sbarco di Murat con un corteo storico che parte dalla costa  su per il paese fino al castello.

Lettera alla moglie

Cara Carolina del mio cuor. L’ ora fatale è arrivata, tra pochi istanti io avrò cessato di vivere e tu non avrai più uno sposo. Non dimenticarmi mai, io muoio innocentemente, la mia vita non fu mai macchiata di alcuna ingiustizia. Addio mio Achille, addio mia letizia, addio mio Luciano, addio mia Luisa, mostratevi al mondo degni di me. Io vi lascio senza un regno e senza beni, tra numerosi nemici. Siate sempre uniti; mostratevi superiori alle avversità, pensate a ciò che siete e a ciò che siete stati e Dio vi benedirà. Non maledite  la mia memoria. Sappiate che la mia più grande pena negli ultimi momenti della mia vita e di morire lontano dai miei figli. Ricevete la mia paterna benedizione e i miei abbracci e le mie lacrime. Abbiate sempre presente nelle memorie il vostro infelice padre. Gioacchino Murat.

 Castello di Pizzo, il 13 ottobre 1815

Foto Copyright Elio Cotronei