Prologo da “C’era una favola…”

Un cruccio ce l’aveva la bambina ed esso si ripresentava con fare sornione oltre che puntuale ogni volta in cui da poco finita la lunga caldura estiva si poteva, fortuna permettendo, inoltrarsi verso un clima che nell’Isola e dintorni, ci si ostinava con poca speranza a definire invernale.

Parimenti inutile, ovvero neanche a pensarci di chiedere soccorso sull’altra riva dello Stretto, la calabra per capirsi, a tratti ancora più sciroccata e immersa in un ‘aria da giornate al mare , forse ancora l’estate ,chi può dire….

Presto sarebbero intervenuti come sempre i tempi delle sublimi architetture natalizie, cimase a più strati fatte di svaghi finalmente liberi dai soliti compiti a casa, cfr. come esempio immediato le sospirate vacanze dalla scuola.

Si acuiva un desiderio con il conforto dell’ agguerrito favoleggiare ovviamente libresco, carole dickensiane in testa, messo in campo dalla nostra piccola protagonista,di poter godere in quella inimitabile parte dell’anno  di una temperatura più consona, come minimo da tregenda nevosa scandita da  qualche brividuccio\ brrrr  cui porre rimedio imbacuccandosi, che piacere divino solo  a pronunciare, in  qualcuno di quei caldi maglioni di ovvia lana magari sferruzzati a mano con amorevoli intenzioni da quella solita zietta che nelle vaste parentele sudiste non manca mai ….

Con immancabile contorno di sciarpe e guanti non restava allora che andar d’attorno sfidando il freddo polare artico per intenderci quello tipicamente siculo e compagni…

        Piccoli indizi di un Natale in riva all’Isola

Ti è sempre piaciuto esagerare un po’, non c’è che dire e la tua sbrigliata fantasia non è da meno!” Da un pochino la mamma, sempre paziente e comprensiva purché non si oltrepassassero   i pragmatici limiti della buona educazione, meditava di intervenire per mettere un freno ai ghirigori fantastici della sua adorabile primogenita prima che sconfinassero verso le consuete peregrinanti delusioni circa l’assenza di un paesaggio da fosca invernata a far quadro di Natale con la dovuta verosimiglianza!

La piccola si prodigava con diletto nel raccontare alla madre i sontuosi particolari delle illustrazioni che allietavano a bizzeffe le immancabili letture del dopo scuola entusiasmando la sua naturale inclinazione al fiabesco…

“Perché devi sapere mamma che a Natale, quello vero!!, già l’intonazione era tutto un programma, che storie sono mai queste?! “si sta davanti al camino acceso con un bel libro di favole,” ti pareva, sospiro materno,” “mentre fuori infuria il Generale Inverno al comando delle sue truppe di neve e gelo” “cosa avrà letto di recente”, “pronte ad accogliere con tutti i riguardi Babbo Natale a bordo della sua slitta trainata da quelle simpaticone di renne parlanti e tradizionale codazzo di elfi giocattolai.”

D’intorno luminarie e ghirlande in quantità a far girotondi di festa intorno all’Albero addobbato per tempo, con palline e lucette in tutte le forme cui ogni anno si aggiungeva qualcosa di nuovo.

“Che altro c’è ancora?” Cominciava a trasparire un po’ di impazienza nelle parole della genitrice “Un ‘ultima idea”, la bambina non demordeva facilmente, “Non riesco ad immaginare Babbo Natale di rosso carminio agghindato pronto a gorgogliare la sua risata fragorosa, udirla almeno una volta prima di perderla

 di vista tra i riccioli della folta barba candida, mentre si deterge il sudore da sole squillante in fronte cercando in tutta fretta un camino da dove far scivolare giù per la nera cappa l’epa incontenibile che interloquisce da dietro il sacco dei balocchi destinati ai bambini in trepida attesa al massimo davanti a una stufetta… Un ultimo sforzo e oplà!

E giù smorfiette che anche la mamma faceva fatica a trattenere il buon umore!

“Intanto”, riprendendo   con garbo il controllo,” ti ricordo che dobbiamo ancora preparare il presepe e a proposito come tutti gli anni verrà lo zampognaro ad intonare la ninnananna per il Bambino che arriva….

Dillo pure ai tuoi compagni di scuola… fa davvero piacere vedervi ascoltare la musica tutti insieme davanti alle statuine. Ora vai a prepararti perché andremo come di consueto ad ammirare le eleganti decorazioni nel nostro viale principale e poi, la signora ammiccava con espressione di deliziosa complicità anch’ella lieta   di accontentare la sua bambina fin dove si poteva “ daremo una sbirciatina nelle vetrine della nostra bottega di paste e dolci …” “Mamma ti riferisci alla pasticceria, quella in Piazza C. che prepara chicche insuperabili   tutto l’anno vero?!”

Finalmente ci siamo, pensava la piccola che per una frazione di secondo aveva avuto il sacrosanto timore di vedere sfumare le sue più ardenti aspettative, ovvero quelle di recarsi a far compere, sì proprio come in uno dei negozi di vario genere  frequentati in compagnia della mamma, nella più rinomata dolceria della città.

Certo ne creavano di complicazioni questi adulti… che male c’era a indicarle da subito l’agognata meta…. Comunque ormai si era in dirittura d’arrivo e nel frattempo lungo il viale alberato della sua città di nascita avrebbe trovato in abbondanza di che distrarsi…

La sua compagna di banco le aveva perfino anticipato che a metà percorso era stata allestita in uno dei negozi più prestigiosi della sua città una vetrina in cui alcuni orsetti sedevano a tavola come una bene educata famigliola buffamente imitando i movimenti di immaginari commensali per la meraviglia dei bimbi che vi riconoscevano con affetto i loro morbidi compagni di sogni\peluches dal pelo talvolta un po’ arruffato.

 Un’ autentica attrattiva non c’è che dire ma la bambina non si lasciava incantare facilmente. Tutto sommato sapeva  trattarsi del medesimo meccanismo che permetteva alle solite bambole di esibirsi   nello strimpellare cantilene con certe melense vocine in falsetto agitandosi in modo approssimativo…

La scenetta  di cui sopra si ripeteva con monotona precisione per l’intero pomeriggio fino al cader della sera peraltro chiarendole il perché del suo profondo annoiato disinteresse nei confronti di   simili trastulli….

Il racconto si avvia verso la desiata piega dolce

Al momento l’unico obiettivo in grado di suscitarle un memorabile senso di appagamento era di giungere al più presto nei paraggi della sua-loro pasticceria, in grado di offrire, per cominciare, strepitosi coni gelati al gianduia per non menzionare gli altri  gusti non da meno.

Macchè…la madre indugiava nei saluti già con il sapore degli auguri per le imminenti festività natalizie volentieri intrattenendosi ad ogni piè sospinto con i tanti conoscenti anche loro a passeggio. Di questo passo, rifletteva sconsolata la ragazzina, di sicuro avrebbero trovato chiuso.

Stava ormai prossima alla rassegnazione quando come Dio vuole si era ritrovata davanti ai mirabolanti omaggi alla corte di favorite leggasi zuccherose martorane, vaghe storie di arabi in Sicilia da poco assimilate a lezione, tra giulebbe d’antica armonia e beatitudine di celesti dolcezze, ahimè, a un di presso smorzate da ineluttabili , come interrogazioni alla lavagna, ammonimenti a non esagerare con queste supreme goloserie…

La bimba si indispettiva non poco… dopotutto non era ghiotta al di là dei ragionevoli comportamenti propri della sua ancor verde età e del resto anche i grandi al riparo da sguardi indiscreti indulgevano nel gustare certe prelibatezze.

Bastava farci caso nel corso di speciali ricorrenze di famiglia quando al momento di portare in tavola il dolce certe morigeratezze strenuamente predicate si sfaldavano preda della bieca tentazione con il complice sollazzo della figliolanza!

Ed ora eccoli mamme e papà con al seguito i pargoli impazienti nonché imbambolati a fissare le ultime ideazioni dei geniali mastri pasticceri i quali con funambolica maestria si destreggiavano nel riprodurre la mitica Falce fin nei minimi colori di cielo e mare, un vero banco di prova contornato da   marine trasparenze in cui immergere copie perfette di pesci cari allo Stretto…

Breve nota di folclore locale il cespo di cozze\mitili con in cima la prosaica fetta di limone da degustazione che in certe epoche faceva tanto “Ganzirri” dal nome dei laghi di vedetta a Punta Faro…

      Guardare e non mangiare è una cosa da morire

e del resto risultava inaccettabile solo pensare di attentare alla plastica armonia di questi capolavori di mandorle e ova  assaggiandone  magari una fetta .

Per assecondare questo legittimo desiderio era sufficiente entrare nella pasticceria lasciandosi avvolgere da universi interi di magnificenze confettiere, titolo docet, le quali, come dire, sembravano fare a gara tra loro per farsi notare.

Dove posare lo sguardo senza tema di trascurare qualcuna o qualcosa?! E gli splendidi effluvi\ profluvi

 poi… paste e dolcetti che passione tra cannella e chiodi di garofano che trasportavano in aure da favoloso oriente!!!

Toh, eccola delicatamente incartata a vista e sia…  vada per la pignolata, la sola dizione consentita, in bianco, ovvero glassa chiara al limone e scuro, finalmente di cioccolato e ancora lui in una felice unione con l’unico scopo di regalare magici tocchetti  dì evasione inusitata.

La piccola però non sembrava del tutto soddisfatta… con lo sguardo cercava in giro tra la ineffabile mercanzia esposta con ghiotta esuberanza ….

Lo scoverò dove si nasconde, la nostra ne parlava come di un caro amichetto fatto di zucchero e panna e già gli stava trovando  posto tra i regali più ambiti sotto l’albero anzi direttamente davanti al Bambinello Gesù chè anch’Egli  di certo avrebbe gradito gustare con soavità…

Era lì come non notarlo per quanto circonfuso di splendida solitudine nella grande sala da te, in realtà poggiato con grazia su un basso tavolino in attesa degli avventori consapevoli della sua innata  peculiarità da vero pezzo forte…

Ecco a voi sua magnificenza il torrone gelato o con dicitura più acconcia al Manet di “Le dèjeuner sur l’herbe”, feste sull’aia a seguire,tra eleganti dame fiorite e gentiluomini  al galop, gelato di campagna!

Pochi dubbi sul fatto che   la piccola neanche alla lontana si sognasse di sprecare tempo a decidere per quale delle due versioni optare, capirai…

Ora che vi si trovava miracolosamente  di fronte  ne avrebbe potuto comprare una quantità, possibilmente non tanto modica, da gustare in santa pace,  sapeva bene quando, ovvero alla fine del pranzo di Natale, nonni e zii  d’obbligo, dopo averlo salvato dalle mire di qualche cuginetto, anzichenò!

  Nulla da condividere essendo banalmente inesistenti i social.

Placet dei genitori per una volta tanto assicurato grazie alla bontà genuina degli ingredienti dalle mandorle ai variegati canditi al verde splendidamente appassito della crema di  pistacchio nella infine rosacea cornice di  rosolio zuccherino  a gaudfiosa composizione sinfonica di aromi e sapori capace di infondere vita e  vigore anche a coloro perennemente  tristi  e malinconici… nel  consumato detto popolare anche ai defunti!

 Difatti dopo il primo assaggio di solito si assisteva a radicali cambiamenti di espressione che dall’imbronciato immutabile virava verso impensabili giocosità dell’esistenza mai stampigliati su certi visi fin dalla nascita…

              Finire in bellezza a tavola o con epilogo                    

Era questo il miglior vanto in assoluto da ascrivere a tale godìo dolciario che per la bambina diveniva un emblema di gioiosità ripagandola almeno in parte del disappunto che provava a causa degli abbaglianti Natali di anno in anno uguali a sé medesimi nella incantata Isola al centro dei mari del Sud.

Talvolta la ragazzina si soffermava sulla moira che aleggiava sui suoi coetanei abitanti in continente subito tranquillizzandosi al pensiero che da quelle parti, Nord e su di lì, il favoloso panettone che ella\ lei gradiva e anche tanto, teneva il posto d’onore tra le altre leccornie di fine pasto. Che altro?!

Al largo come sempre incrociavano faune ittiche di bel bello accompagnate da Miti ammaliatori  con i quali gli scolari siculi entravano in confidenza fin dalle elementari così quei tapini di mostri sempre in affanno tra fauci spalancate e mulinelli a pelo d’acqua…Chissà che dopo avere ingoiato  qualcuna delle summenzionate ghiottonerie non decidessero, dopo millenni  di monocorde attività, di ammansirsi con il plauso di cittadinanze e aedi\poeti al di qua e al di là dello Stretto.

                                                 Mirella Violi

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melopèa (ant. melopèia) s. f. [dal lat. tardo melopoeia, gr. μελοποιΐα der. di μελοποιέω «comporre canzoni, musicare», comp. di μέλος «canto, melodia» e ποιέω «fare»], letter.

Moire (gr. αἱ Μοῖραι) Le dee del destino nella mitologia greca. In Omero la M. è una sola, ma già in Esiodo sono tre: Cloto, la ‘filatrice’ della vita; Lachesi, la ‘fissatrice della sorte’ toccata all’uomo; Atropo, la ‘irremovibile’ fatalità della morte.

Carola

  1. Ballo che si danzava tenendosi per mano e girando in cerchio; anche, il canto che l’accompagnava.
  2. Canto o ballo in genere.