Il Coordinamento Nazionale Docenti della disciplina dei Diritti Umani in occasione dell’anniversario della morte di Teresa Buonocore e Giuseppe Mascolo, vittime innocenti di camorra, intende soffermarsi sul dovere morale e civico delle comunità nella ricerca della verità e nella lotta alla criminalità organizzata.

Teresa Buonocore, segretaria presso un avvocato penalista e successivamente in un centro di assistenza fiscale e madre di 4 figlie, fu uccisa il 20 settembre 2010 a Napoli da due sicari con quattro colpi di pistola per aver denunciato e fatto arrestare Enrico Perillo, il vicino di casa, che aveva abusato sessualmente della figlia di 8 anni e di un’altra bambina.

Si trattò di un orribile caso di pedofilia seguito da un efferato omicidio per vendetta.

Nel corso delle indagini fu scoperto un armamentario nel garage di Enrico Perillo: cinque pistole, due mitragliatrici, 2632 cartucce di vario calibro, diciotto caricatori, due giubbotti antiproiettile e tante altre armi pesanti.

Furono i due sicari della vittima, fermati a Napoli subito dopo l’omicidio, a condurre gli inquirenti al mandante dell’omicidio il quale era stato condannato a 16 anni di reclusione da scontare agli arresti domiciliari.

Solo nel 2015 la Corte di Cassazione ha condannò i due killer alla pena di 18 e 22 anni di carcere e il mandante dell’omicidio alla pena dell’ergastolo.

Durante gli ultimi processi emerse tutta la sofferenza subita da Teresa prima di essere uccisa. La donna veniva seguita, pedinata, intimorita. Toglierle la serenità era lo strumento per spingerla a fermarsi, ma Teresa andò avanti con fermezza per amore della figlia e per amore della verità.

Come tutte le vittime di mafie, però, pagò con la sua stessa vita la ricerca della verità e della giustizia.

Il 22 novembre del 2017 il Presidente della Repubblica Sergio Matterella ha conferito alla memoria di Teresa Buonocore una Medaglia d’oro al merito civile.

“Con coraggiosa fermezza, pur consapevole dei rischi cui si esponeva, denunciava, per le violenze perpetrate ai danni della propria figlioletta e di un’altra bambina, un vicino di casa, noto pregiudicato, ritenuto responsabile degli efferati reati, per i quali veniva riconosciuto colpevole e condannato a numerosi anni di detenzione. A distanza di tempo la donna, mentre era alla guida della propria autovettura, veniva mortalmente colpita da diversi colpi di pistola esplosile contro da due motociclisti, successivamente identificati quali sicari dell’uomo precedentemente denunciato e per tale omicidio condannato all’ergastolo. Nobile esempio di straordinario amore materno e di eccezionali virtù civiche, spinte fino all’estremo sacrificio.”

La figlia di Teresa, la bambina a cui il mostro rubò l’infanzia, ora è una donna, una donna forte, grazie all’esempio di sua madre. Studia Lettere Moderne all’Università, sogna di lavorare nella comunicazione, si batte a favore delle donne perché “Quello che è successo a noi non deve più succedere”, e con una forza straordinaria sottolinea che non odia i killer di sua madre perché “Nella nostra famiglia l’odio non è mai entrato”.

Sempre il 20 settembre, ma di 12 anni prima, Giuseppe Mascolo, un farmacista innocente estraneo alle logiche criminali, fu brutalmente ucciso da due killer a Baia Domizia, mentre rientrava da lavoro. Fu raggiunto da un colpo di pistola quando era ancora nella sua auto.

Il figlio Luigi, che gestiva la farmacia a Cellole (Caserta) insieme a suo padre, riuscì a vedere l’auto in fuga con i killer, ma pensò si trattasse del tentato furto, solo dopo si rese conto dell’accaduto.

Il caso Mascolo inizialmente fu archiviato per assenza di collegamenti con la criminalità organizzata.

Solo successivamente un collaboratore di giustizia del clan dei Casalesi permise di ricostruire quell’efferato crimine. Si giunse così agli esecutori materiali che ormai, al momento del processo, erano morti per regolamenti di conti interni al clan. Si riuscì solo a condannare uno dei due partecipanti all’aggressione a 20 anni di reclusione.

Il CNDDU impegnato da anni nella battaglia contro le mafie e nella lotta per la Legalità tiene fortemente a mantenere viva la memoria delle vittime innocenti di mafie.

Si tratta di tanti nomi, tante storie che hanno colpito non solo le famiglie, ma intere comunità.  Solo mantenendo vivo il ricordo di tutti coloro che sono morti per la verità e la giustizia si potrà costruire una memoria collettiva che permetterà alle nuove generazioni di essere unite, solidali e sentinelle di legalità.

È un dovere civico ricordare tutte le vittime innocenti di mafie certamente il 21 marzo ma non solo, perché l’elenco delle vittime purtroppo è lunghissimo e il ricordo di tutto il sangue innocente versato non si può raccontate in un solo giorno, se pure così solenne e sentito per il Paese.

È fondamentale ricordare le tante drammatiche storie di uomini e donne semplici e straordinari che con il loro esempio ci infiammano di passione civile e orientano, sempre più, i nostri pensieri e le nostre azioni al Bene e al Giusto.

È un impegno che abbiamo nei confronti del loro sacrificio.

È un impegno che dobbiamo portare avanti per le generazioni future.

Ed è l’unica strada per la costruzione di una nuova e autentica coscienza civica per il Nostro Paese.

L’Hashtag per le vittime innocenti di mafie è #MEMORIEVIVE

Prof.ssa Rosa Manco

CNDDU