Dopo mesi di dura battaglia contro un nemico invisibile che ha messo in ginocchio il mondo intero e l’Italia dal punto di vista umano, economico ed industriale, oggi si comincia a vedere una piccola luce in fondo al tunnel. È solo grazie all’impegno costante, e purtroppo in molti casi anche al sacrificio, di tutte quelle lavoratrici e quei lavoratori dei vari settori della sanità, del volontariato, delle Forze dell’Ordine, della protezione civile e non solo, che è stato possibile limitare i danni.

Certo non è finita qui e adesso, senza abbassare la guardia e con tutte le dovute precauzioni, bisogna puntare alla ripresa parziale e progressiva del Paese laddove è possibile. Il nuovo DPCM del 26 aprile 2020, presentato dal Presidente Conte, ha suscitato numerose perplessità, in particolare rispetto alla riapertura delle aziende prevista per il 4 maggio prossimo. In questo contesto inoltre, pensiamo sia indispensabile sostenere tutte quelle attività che resteranno obbligatoriamente ancora ferme, quali ad esempio ristoranti, bar, parrucchieri, pizzerie, barbieri, ecc, affinchè il Governo metta a disposizione risorse a fondo perduto per impedirne la chiusura definitiva e la conseguente perdita occupazionale.

Inizia, dunque, la seconda fase, quella della ripartenza che comporterà un cambiamento nelle abitudini quotidiane così come nelle dinamiche sociali e lavorative. Di certo questa grave emergenza sanitaria ha messo ancor di più in evidenza tutte le criticità del nostro Paese. È evidente quanto sia necessario investire nella sanità pubblica e universale, puntando all’occupazione, potenziando le strutture già esistenti e realizzandone altre, anche quelle ferme da troppo tempo, come ad esempio l’Ospedale della Piana, per garantire a tutti i cittadini i migliori servizi. Va affinato il sistema di accreditamento e controllo delle RSA, RSD e Case di Riposo nelle quali si è verificata la terrificante perdita di moltissimi pazienti, non solo per la loro età e le loro condizioni di salute. Infine, la pandemia ha fatto emergere l’assenza di tutela per le persone non autosufficienti, l’assenza di personale specializzato e di strutture adeguate. Serve oggi più che mai una legge sulla “non autosufficienza”, una legge di dignità e di civiltà.

Anche se in Calabria il virus ha causato un ridotto numero di decessi, occorre tenere ancora alta l’attenzione per evitare l’insorgere di ulteriori focolai e la diffusione del contagio. Per questo la giunta regionale calabrese deve mettere in sicurezza tutti i presidi ospedalieri, investire in DPI, apparecchiature e posti letto aggiuntivi in terapia intensiva e subintensiva. Così facendo non soltanto facciamo prevenzione, ma andremo a contenere la spesa di oltre 300 milioni di euro all’anno per la migrazione sanitaria.

Per la nuova fase che si sta avviando servono idee e strumenti per far ripartire l’economia nei settori produttivi, partendo dal Porto di Gioia Tauro e dall’area industriale, dove c’è un potenziale di sviluppo inimmaginabile, attraverso investimenti pubblici e privati. La Zes potrebbe essere uno strumento utile ad incentivare le aziende ad investire nella piana di Gioia Tauro, con ricadute occupazionali considerevoli. Al tempo stesso è importante investire nella manutenzione del territorio e nella prevenzione ambientale. Ed infine, è chiaro che tutto questo deve avvenire garantendo la legalità e la salvaguardia dei diritti di chi investe e di chi lavora.

 

Segretario Generale Cgil                  Segretario Generale Spi

         Logiacco Celeste                         Pasquale Marino