Onomatopeia qua qua ove dicesi prologo

Le oche erano riunite a consesso nell’angolo più a nord della fattoria dove lo stagno smerlava lento a riva, in perenne attesa di riceverle per lo sguazzo quotidiano.

D’intorno regnava un piacevole senso di pace meriggiosa dal momento che gli umani abitatori della casa accudivanoin tutta serenità alle normali faccende  domestiche.

La sera prometteva di essere di quelle estive fascinose, giungendo al tramonto con qualche venatura rosso-violacea qua e là ancora visibile prima della calata notturna delle ombre.

Le nostre signore ingannavano l’attesa becchettando tra loro mentre l’Oca Generalessa si accingeva a dare inizio all’assemblea,dopo aver dato un ultimo sguardo scrupoloso alle carte del Club da dietro le spesse lenti appoggiate sul becco  spazioso.

Ce n’era di quelle,tra le socie più giovani, che,starnazzando allegramente senza posa,si lisciavano di quando in quando con vanità il bianco  e folto piumaggio a far da elegante contrasto con il giallo sfolgorante del becco e delle zampe dal  pedicure palmato a modino.

Qualche oca più anziana,nonostante la mitezza del clima e la temperatura decisamente tiepida delle acque  del loro stagno, continuava a portare intorno al collo grassoccio e non più  candido come prima una sciarpetta di organza a mò di fiocco vezzoso, inalberando due stanche ali appesantite dall’età e da pasti mal digeriti  a base di solite erbe palustri di cui tante  eran così ghiotte.

L’Oca Generalessa chiocciò al loro indirizzo per incominciare e tutte man mano zittirono accovacciandosi all’intorno con fare dimesso e solerte.

                                               Un accenno di esopico  sembiante                               

Essa/ella,ben pasciuta e gozzuta dalla testa grossa e dal quacquerio  sonoro, era ben conscia delle importanti comunicazioni da fare e però continuava a pavoneggiarsi aspettando l’ulteriore plauso delle socie.

Al primo punto dell’odg figurava una serie di services  in favore delle oche orfane e delle  vedove dei caduti sul lavoro,ovvero in qualcuno di quei pantagruelici festini che gli umani avevano il pessimo gusto di organizzare  con periodica nefandezza, a base di foie gras o di anatra pechinese,giusto loro le care sorelle anatre  e giovani  papere con le quali alla prima utile occasione  intrattenersi in libertà e insieme da difendere,quali appartenenti al medesimo genus delle anatidi, dalle inconsulte azioni sempre perpetrate a causa  della crudele ingordigia degli umani.

Sembrava che l’Oca Generalessa intendesse esibirsi  in uno sfoggio di sapienza sui comportamenti del loro privilegiato mondo ochesco ma per fortuna venne interrotta in tempo da un subisso di emotività al ricordo di tante pene,anzi torture vere e proprie subite dalle appartenenti alla loro specie che alti lamenti stavano provocando sul più bello della nutrita assemblea….

Bisognava riportare l’ordine…

La Nostra era davvero imbattibile nello sbatacchiare  con decisione il becco ormai floscio sul tronco che le fungeva da scrivania…Era quello un modo per ritagliarsi un altro scampolo di potere decisionale anche se,ovviamente, si faceva  un dovere di negare le sue bramosie dittatoriali.

Nel riprendere la discussione,una delle oche giovani e belline si fece avanti con piglio deciso illustrando una concreta  proposta di  aiuti solidali nei confronti delle più vecchierelle che  consumavano le loro giornate quasi sempre chiuse dentro la stia in attesa della fine naturale in quanto neanche buone a  far brodo!

Si rendeva dunque necessario procurar loro il cibo e servirlo già pronto e trito.

Quanto poi alle orfanelle, il settore del  volontariato  presentava alcune innegabili lacune organizzative che andavano colmate allo scopo di  finanziare borse di studio per istruire le giovani a covare o a far la guardia che,come è ben noto da tempi molto antichi,fa parte del patrimonio socio-culturale della stirpe.

In ultima analisi esse si sarebbero così rese utili alla massaia,collaborando nelle mansioni di fattoria.

A questo punto prese la parola una giovane socia fra le più acculturate un tantino accusata dalle anziane di appartenere al gruppo delle oche in carriera per informare con becco saldo e forbito che

nel Gran Parlamento dei Lord-Paperi si stava decidendo su un disegno di legge a dir poco rivoluzionario,in tema di salvaguardia del lavoro delle oche fattore,le stesse che solitamente non prestavano la loro zampadopera  fuori dai recinti in cui si trovano  allocate le stie.

Che pacchia,ragazze,lecito così riferirsi a proposito di oche?!

Tutte loro,immantinente,si dettero a far sentire  i loro qua qua,blabla in simultaneo cicaleccio gravido di entusiasmo in materia di contributi e prepensionamenti….

Non pareva vero poterne discutere finalmente   a volontà nel corso di illuminati dibattiti  da organizzare a breve.

Bene, l’assemblea volgeva al termine con meritata soddisfazione dell’Oca Generalessa, sempre all’erta per dirimere eventuali diatribe  tra socie, spesso insofferenti alla rigorosa disciplina imposta  nel corso di questi incontri che essa/ella  teneva a mantenere in un contesto di decoroso contegno comportamentale.

Nel contempo, senza farsi troppo notare,la stessa, francamente  affaticata ne aveva approfittato per accovacciarsi sul didietro in modo certo comodo ma inelegante.

Con un ultimo sguardo tronfio e miope che non andava al di là del suo becco,la  seduta  venne aggiornata e le socie congedate  con ripetuti  ammonimenti in vista di  prossime occasioni congressuali .

Si videro allora le socie disporsi ordinatamente in fila,com’è nel  loro atavico costume, dondolandosi mollemente in punta di penna sulle zampe palmate.

I loro quacquaracquà si innalzavano gagliardi nell’aia inondata dalla  luce soave della luna cosicché ad un certo momento si udì uno sbattere di imposte al primo piano ed una testa di donna, già pronta per andare a dormire, si affacciò alla finestra, a domandasi perplessa la ragione di tutto quel tramestio….

Guardando meglio,riconobbe la fila compatta delle oche,le sue per l’appunto, che in apparenza tranquille  e signorili, si avviavano verso i recinti che le avrebbero accolte per il meritato riposo notturno.

La massaia si grattò la testa come in cerca di una spiegazione:

“ Che avranno da schiamazzare queste pennute, mi pareva di averle ben rinchiuse per la notte,sta a vedere che hanno fatto fuori i paletti!

Domani allora mi toccherà provvedere… ci mancherebbe altro che fossi costretta  a tirar loro il collo perchè di sera le signorine vanno a spasso  starnazzando noiosamente ad ogni  minima occasione…

La signora massaia richiuse palesemente stizzita le imposte mentre il chiarore  lunare  si  andava dispiegando  con un ché  di solenne  su padroni e oche…

Queste ultime,ignare di quanto tramassero i primi già riflettevano,con il becco a dormire sotto l’ala, sulle loro prossime conquiste sociali.

                                                     Epilogo con sorpresa

Da certi segnali avvistati di recente  non era lontana l’annuale ricorrenza della Festa in onore della Primavera,  in cui le nostre oche avrebbero finalmente sfoggiato con gioia sontuosi abiti in lungo alla moda delle umane  magari sotto gli occhi ammirati di qualche azzimato papero  invitato all’uopo.

Tra musiche  e danze esse avrebbero celebrato un momento di gloria in riva allo stagno in barba alle solite rimostranze della padrona della fattoria,oche e paperette e anatre e…

Tutte e tre le varianti per così dire irrimediabilmente chiozzotte e ciarliere, per una volta pronte a far le svenevoli sotto una esuberante pioggia di bottoncini d’oro di mimosa…

foto da wikipedia