Sappiamo scrive l’avv Francesco Molinari membro dell’esecutivo nazionale dell’italia dei Valori  e coordinatore regionale in Calabria, che “l’Europa ha risposto, a questo evento straordinario, al meglio delle sue possibilità; a Trattati in essere ed anche di più”.
Ha sospeso vari Trattati che richiamassero “limitazioni “ alle azioni dei vari governi nazionali (da quello sulla concorrenza a quello del patto di Stabilità e degli aiuti di Stato) ed ha predisposto un fondo (SURE) da 100 miliardi destinati al sostegno dei disoccupati (per 27 paesi UE) e 25 miliardi garanzie della Banca Europea degli Investimenti BEI)a sostegno del credito alle imprese.
Per fortuna, si è attuata una politica monetaria da parte della BCE, che è rivoluzionaria rispetto agli stessi suoi trattati istitutivi ( tant’è che, di fatto, si sta comportando come prenditrice di ultima istanza né più né meno come la Federal Reserve americana e tutte le altre Banche Centrali), avendo varato programmi di acquisto di titoli pubblici (prorogati fino a giugno 2021) contemporanea flessibilità riguardo ai criteri di proporzionalità tra paesi (capital key) e che sono riusciti a contenere gli spreads tra i tassi di interesse.
Per quanto riguarda il Nostro Paese continua l’esponente dell’Idv, come era facile prevedere, è attesa una caduta del PIL (la previsione più ottimistica ) intorno al 10% nel 2020 per poi recuperare di circa la metà nel 2021 che, insieme ai disavanzi di bilancio correnti, porterebbe il rapporto debito-PIL dell’Italia al 160% quest’anno e intorno al 155% a partire dal prossimo anno.
L’unica strada possibile per l’Italia nel contesto presente (nonostante l’Italia abbia alcuni punti di forza come il basso indebitamento ed elevata ricchezza del settore privato, e un debito netto con l’estero prossimo a zero), è cercare di mantenere per lunghi periodi di tempo il tasso di interesse nominale medio sull’intero stock di debito pubblico più basso del tasso di crescita nominale del PIL.
Questo, ora, è possibile, grazie appunto all’intervento straordinario messo in campo dalla BCE, con effetti positivi sullo SPREAD e che ci consente di non soffocare; ma proprio perché “straordinario” non ci assicura per il futuro dell’intero stock di debito che ogni anno viene a scadenza.
La Soluzione ideale per l’Italia, (così come per altri paesi europei) per uscire dall’alto debito sarebbe la trasformazione in titoli perpetui o a lunghissima maturità dei titoli già in possesso della Banca d’Italia (acquistati su mandato BCE). Ma è una proposta ad oggi minoritaria.
Così come minoritarie le misure volte a riportare il debito pubblico in mani italiane – e noi ne avevamo avanzata una nel nostro piano nel febbraio/marzo di quest’anno – o ad incanalare i risparmi degli italiani verso investimenti di pubblica utilità ma a tassi di interesse contenuti.
Il problema vero, però, il problema dei problemi dell’Italia degli ultimi 15/20 anni, è il tasso di crescita dell’economia che dovrebbe presupporre la messa in campo di politiche di sostegno alle esportazioni e di politiche di bilancio pubblico con elevato impatto sul PIL (elevati moltiplicatori fiscali). Gli investimenti privati sono naturalmente importantissimi, ma sappiamo dall’analisi economica che, a livello aggregato, il singolo più importante fattore di stimolo di questi ultimi è la crescita della domanda.
Quindi l’Italia dovrebbe puntare a spendere, anche in disavanzo, su componenti di spesa ad elevato moltiplicatore: investimenti e crescita dell’occupazione qualificata nel settore pubblico, attualmente molto sottodimensionato rispetto a quanto avviene in altri paesi europei.
In questo scenario, l’Europa, come detto e a Trattati in essere, ha cercato di fare lo sforzo massimo possibile che comprende- oltre a quelli sopra già detti ed operanti BCE, SURE e BEI; e non sappiamo se l’Italia ha già fatto richiesta di usarli – il cd. “MES pandemico’, ovvero un prestito di 36/37 miliardi per spese sanitarie dirette e indirette (cd condizionalità indiretta), con maturità decennale e tasso di interesse molto basso che, ad oggi, è ad un tasso negativo, cioè guadagniamo usandolo.
Ma il problema è che, a prescindere da tutto (determinare con precisione le cd “condizionalità indirette “o l’applicabilità o meno dei regolamenti che governano il MES ordinario e, quindi, l’ineludibile “sorveglianza rafforzata) è che resta un “prestito” e come tale, andrebbe comunque a gravare sul debito pubblico italiano. Così come i risparmi – massimo e nelle ipotesi più estreme si tratta di 700 milioni l’anno x 10 anni, ma più verosimilmente parliamo di circa 500 milioni l’anno – sono limitati rispetto all’alternativa di finanziare tali spese con l’emissione di debito pubblico.
Altro strumento che completa il pacchetto su cui stanno lavorando in Europa, è il cd fondo “Recovery found -Next generation EU” che dovrebbe – perché siamo ancora a livello di ipotesi – essere e secondo la proposta della Commissione ultima, un ‘pacchetto’ di 750 miliardi in 4 anni (per tutti i 27 paesi UE) erogabili come prestiti (loans) o come sovvenzioni (grants) cd a ‘fondo perduto’.
La particolarità e novità di questo fondo, è che sarà la Commissione stessa che ricorrerà ai mercati finanziari emettendo titoli a basso tasso di interesse e scadenza variabile tra 2028 e 2058 e, quindi, l’importo del programma non graverà dunque – inizialmente – sui bilanci dei singoli paesi e nel computo del loro debito pubblico.
I tassi di interesse su questi titoli sarebbero pagati dalla Commissione con ‘risorse proprie’ (IVA, tassazione delle emissioni; multinazionali, aumento della contribuzione dei Paesi EU). In assenza di altri elementi, è ragionevole ipotizzare che il contributo proveniente da ciascun paese alle entrate fiscali della Commissione, sia proporzionale alla sua quota sul PIL europeo, che per l’Italia dati 2019, è il 12,8%. Quindi parlare per la parte “grants”, ovvero sovvenzioni cd a “fondo perduto”, di fondi interamente a fondo perduto ( cioè si soldi regalati da parte dell’EU , per dirla in modo volgare) è non preciso; e proprio come avevo già detto nei miei video e post di qualche mese fai.
Dalla bozza della proposta della commissione, poi sappiamo che i loans/prestiti, devono essere restituiti per intero dal paese ricevente e possono essere richiesti da ciascun paese nella misura massima del 4,7% del proprio PIL, mentre i grants/sovvenzioni, dovrebbero essere distribuiti (cioè, ne viene determinata la disponibilità massima) in base ad un insieme di indicatori (in particolare, livelli di reddito pro-capite e disoccupazione) e rimborsati in base alla quota di PIL dell’UE rappresentato dal PIL del paese. Per l’Italia nella proposta della Commissione si prospetta un massimo di erogazione pari al 20,4 % dei fondi disponibili come ‘grants’ e una quota di restituzione del 12,8%.
Questo vuol dire, andando ai numeri che sono la parte importante, come sa ogni debitore sa, che dei 750 miliardi previsti, 310 saranno “grants” e 250 “loans” ed entrambi condizionati ad investimenti pubblici (prevalentemente ‘Green’ e digitalizzazione) e riforme e, quindi, così come funziona per l’uso dei Fondi Europei normali; e sappiamo bene che in questo, come Paese, non siamo campioni.
I restanti 190 dei 750 andrebbero distribuiti su una varietà di iniziative e programmi europei già esistenti.
Per l’Italia, quindi, andando al nocciolo, il potenziale massimo aggiuntivo di spesa secondo la proposta sarebbe (dei 750) di circa 174 miliardi complessivamente, circa 43 all’anno se distribuiti su 4 anni, pari al 2,3 % del PIL del 2019. Di questo parliamo!!!
Se , a questo, aggiungiamo il fatto – come più volte detto e scritto e non facendoci infinocchiare dalla propaganda ingannevole del governo, perché non utile se poi devi andare a trattare e non sai di cosa si discute , il contributo netto per l’Italia (il trasferimento fiscale) è limitato, fra quanto dobbiamo “pagare “ per restare in EU ( detto volgarmente) e quanto dovremmo “incassare”.
Quello che di questo Recovery Found entrerebbe, veramente in tasca alla fine, sarebbe al massimo, – appunto contributo netto – intorno agli 8,5 miliardi Alanno x 4 anni, e questo a fronte, come termine di paragone, di un contributo netto annuo dell’Italia al bilancio europeo ( fra quanto paghiamo e quanto ci ritorna con i vari fondi europei ordinari che nemmeno per intero sfruttiamo) che negli anni scorsi ha avuto una consistenza tra i 4 e 5 miliardi annui.
Perché il piano possa avere, poi, un reale effetto macroeconomico è assolutamente necessario, come sottolineato dalla relazione di accompagnamento, che le spese previste siano aggiuntive e non sostitutive, e che vengano concentrate su voci di spesa ad elevato impatto; per non parlare delle condizionalità previste e, come ricordavo sopra richiamando il meccanismo dei normali fondi europei, la verifica della attuazione con possibilità che vengano negate le tranches successive di finanziamento
In buona sostanza e per non farci illusioni e preparati alle trattative, anche questo tanto atteso (ma siamo ancora in fase di proposte, comprese le opposizioni dei cd “paesi frugali” che vorrebbe ridurre al massimo la parte “‘fondo perduto’) Recovery Found è di ammontare molto limitato per i bisogni che ha il nostro Paese ed alla luce di quanto sopra detto in ordine al deficit.
Se avessimo un Governo di altra natura e capace, alla luce di tutto questo e che era ben conosciuto e prevedibile, avrebbe altri piani pronti (e noi ne abbiamo proposto uno già a febbraio/ marzo), se non altro per sedersi con forza al piano delle trattative.
Ma ci ritroviamo un Conte …..ed allora buona fortuna a tutti.
Temo che l’autunno e i mesi a venire …saranno “bellissimi”…Sigh!!!