“Basta che siate giovani, perché io vi ami assai”, così diceva Don Bosco ai giovani, trovando del buono e del bello in ciascuno di loro.

Ed io oggi sono proprio in compagnia di  un giovane che di buono e di bello ne ha tanto. Marco Pangallo è una promessa nel mondo della musica lirica; vive a Gallarate, ma è anche figlio della nostra terra di Calabria, che ha dato i natali ai suoi genitori. Ho piacere a dialogare con lui, alla ricerca di giovani e nuovi talenti, con la consapevolezza che, se pur la cultura sia un interesse di nicchia, è comunque la chiave che apre nuove speranze future. L’obiettivo comune, mio e di Marco, è quello di coinvolgere i giovani, portandoli a scoprire nuove frontiere, suscitare in loro interessi sconosciuti prima d’ora e riuscire a fargli capire, in tal caso, quanto anche la musica classica possa scatenare un delirio di emozioni e possa appassionare non solo gli adulti, ma i giovani che, dentro di sé, possono scoprire il gusto per il bello e, magari, perché no, una nuova passione che può diventare scelta di vita.

Buon pomeriggio Marco e, innanzitutto, grazie di condividere una parte di te, affidando i tuoi pensieri alla mia penna.

Abbiamo già detto che tu sei un cantante lirico, precisamente un baritono, posso chiederti perché hai scelto proprio questa carriera?

Ho iniziato sin da piccolo, dapprima ad appassionarmi ai brani per voci bianche delle opere e poi, diciamo che il cantante lirico è venuto dopo, di conseguenza a questa passione. E’ così  che ho cominciato. Mia sorella faceva già parte di un coro di voci bianche e ricordo, ad ogni concerto, il fascino e l’ammirazione che provavo all’ascolto di Faurè o di Britten. Diciamo che fin da piccolo mi son lasciato trasportare da questa ondata musicale e ogni volta ne rimanevo sempre più estasiato. Posso raccontarti un piccolo aneddoto simpatico: una sera, mentre tornavamo a casa da un concerto, in questa occasione mia sorella cantò da solista alcuni brani per voci bianche, io dissi ai miei genitori “non è giusto, anch’io voglio ricevere tanti applausi e sentirmi dire bravo!”. Forse in quel preciso istante ho realizzato che dovevo farcela a tutti i costi e devo farcela a tutti costi!

Cosa ti può dare l’ascolto di un’opera?

L’opera è una dimensione ultraterrena, potrei scrivere pagine intere a tal riguardo. Sicuramente ciò che l’opera riesce a darmi è la saggezza. Si, perché in essa sfociano, in qualche modo che non riesco a spiegare, sempre mille insegnamenti e modi di vivere ed è proprio qui la magia dell’opera, ossia il non saper spiegare cosa ci accade all’ascolto, ma essere coscienti che qualcosa comunque accada, diventa propria e se ne fa tesoro. Passo moltissimo tempo della mia giornata a sentire opera, non come sottofondo musicale, ma concentrato, attento sempre a trovare qualcosa di nuovo da conoscere. E poi le storie. Vengono raccontate in un modo che, da  un racconto parlato o un libro non potrebbero essere espresse alla stessa maniera, suscitando gli stessi sentimenti. Per me, l’opera è il miglior modo per farle arrivare dalle orecchie al cuore e alla psiche. Ho in mente un frase di LEOPOLD FECHTNER che dice “L’opera lirica è un posto dove un uomo viene pugnalato e, invece di morire, canta.” Credo che essa racchiuda al meglio la magnificenza dell’opera.

Come stai affrontando questo tuo percorso di formazione?

È un percorso assai complicato, fatto di continue sfide, mettersi in gioco, ma anche tante, tantissime soddisfazioni. Affrontare un pubblico è un qualcosa di terrificantemente meraviglioso. È un percorso che ha un inizio ma non una fine, si impara sempre e non si smette mai di migliorare. Da cantante, è importante dedicare, ogni giorno, del tempo all’allenamento vocale, mantenendone salda la tecnica. Ma quando tutto ciò è guidato e comandato dalla passione, niente pesa quanto un sacrificio, anzi sono i momenti più belli della giornata, perché sei a contatto con te stesso, il tuo corpo, le tue corde, la tua voce.

Quali sono le tue preoccupazioni per un futuro artistico?

Sicuramente l’incertezza di farcela a realizzare i propri sogni. È una domanda che mi pongo spesso e che mette sempre quel po’ di ansia; cerco di non pensarci ma vivere nel modo più sereno possibile il presente. Non posso preoccuparmi di ciò che non conosco, ad esempio di come potrà essere il futuro, quindi vivo il presente nella certezza che quel che sarà, diverrà. Siamo padroni del destino, ma costretti a volte anche ad accettarlo così come viene, pensare a quel che sarà ruba solo del tempo prezioso da spendere sorridendo, studiando e facendo, comunque, ciò che più ci aggrada.

Cosa ti affascina quando entri in un Teatro?

Il teatro è la mia seconda casa. In ogni teatro in cui entro c’è sempre un particolare che mi affascina. Se devo avere una visione molto concreta, dei teatri adoro i lampadari, quei colossi brillanti e luccicanti, le colonne, la platea, i palchetti, e soprattutto i colori. Il teatro è la casa dell’arte, la procreatrice dei sentimenti, come si può non apprezzare e amare! Invito ciascuna persona a visitare, entrare, vivere un teatro con la propria pelle.

Cosa comporta avere una passione e decidere di farne il tuo mestiere?

Far della passione il proprio mestiere, credo sia un topos che molti si pongono e molti realizzano. Come in tutte le cose, comporta delle rinunce, ma cosa importa se il reso finale è assai più soddisfacente. Credo aiuti a dare una visione del lavoro più piacevole. Non so bene, ancora, come sia provarlo personalmente, nel mio caso specifico, non posso intenderlo lavoro a tempo pieno, ma nell’immaginario è sicuramente un qualcosa di sorprendente.

Quanto è importante il sostegno di chi ti sta intorno?

Importantissimo, la mia famiglia è la mia forza. Se non avessi persone che mi confortano, mi sostengano e mi incoraggino, sarebbe molto difficile. Mia mamma, mio padre, mia sorella, i miei zii son tutti importanti. Anche l’incoraggiamento dei miei nipotini, i quali, nonostante la tenera età, sanno, se pur a modo loro, confortarmi e darmi forza. Sono loro che spesso mi consigliano cosa fare e mi aiutano a prendere decisioni importanti. Importantissimi sono anche gli amici; la mia più cara amica, credo sia anche la mia psicologa personale, sia per il canto che come persona.

Cosa porti a casa dopo un’esibizione?

Sicuramente tanta gioia e felicità. Porto le emozioni che regalo al pubblico e a me stesso. Non sarò mai abbastanza grato alla musica per quello che riesce a regalarmi e quello che mi trasmette. Ogni volta che finisce un concerto, c’è nostalgia ma anche tanta adrenalina, è sempre un qualcosa di nuovo. Non si può descrivere altro di ciò che si prova.

Cos’è per te il bello, Marco?

Il concetto di bello è complicato da spiegare, ma facile da comprendere. Basta lasciare spazio ai sentimenti e farsi trasportare e, credo che il gioco sia fatto! Tutti a modo nostro creiamo del bello. Io, personalmente, ritrovo la bellezza nelle arie, nelle frasi delle opere, nel pianto di Violetta, nel canto d’amore di Mimì e Rodolfo, nelle overture rossiniane, nei madrigali di Monteverdi e in mille altri brani e opere.

Grazie Marco, grazie di cuore, perché ci fai respirare davvero la bellezza più naturale del mondo, l’entusiasmo di un giovane ventenne che si affaccia alla vita nell’assoluto romanticismo artistico. Ti auguro si possa realizzare tutto ciò che più desideri e i che i tuoi sogni diventino una meravigliosa realtà. Sei un ragazzo che ha il coraggio di sognare, ma anche la forza di realizzare. Ti lascio con una frase di Don Bosco, come abbiamo iniziato e non può essere altrimenti, parlando di giovani:

“Sii con Dio come l’uccello che sente tremare il ramo e continua a cantare, sapendo di avere le ali.”