Silvana Sgro

la vallata dello Stilaro, in prov di Reggio Calabria, e’ quella che vanta la presenza di una grande varieta’ di piante spontanee che rendono la vallata stessa meritevole dell’appellativo di “paradiso terrestre”.

Sabato, in compagnia di amici, abbiamo trascorso una giornata fuori porta.

La primavera ha moltiplicato il suo incanto di cui abbiamo goduto a tutto tondo, mentre percorrevamo la strada per raggiungere la famosissima CATTOLICA DI STILO.

A far da padrona, tra le varie piante, e’ stata l’ ACANTO che mai avrei immaginato di trovare in questo territorio, avendola conosciuta solo sui capitelli corinzi, nel periodo scolastico.

L’ Acanto, acanthus, è una pianta di origini mediterranee il cui nome deriva dal termine di greco antico acanthòs che significa fiore spinoso. Ha delle foglie, che possono raggiungere il metro di lunghezza di colore verde molto intenso, con la particolare caratteristica di avere delle profonde incisioni che arrivano fino alla nervatura principale. Per quanto riguarda i fiori, che sbocciano in primavera, essi si sviluppano su un lungo stelo fioriero, sono di colore bianco attorniati da brattee di colore rosso. E’ una pianta molto utilizzata come ornamento da giardino, adatta per riempire gli angoli freschi ed ombrosi.

Narra una leggenda greca che la nutrice di una fanciulla corinzia, morta precocemente, aveva deposto sulla tomba una cesta con i suoi oggetti più amati, adottando la precauzione di ricoprirla con una tegola quadrata per nasconderli e anche per prevenire furti. Giunta la primavera, l’architetto Callimaco, che passava da quelle parti, vide la tegola sollevata da un cespo armonioso di foglie d’acanto cresciute sul sepolcro, quasi a simboleggiare l’Immortalità della fanciulla. La visione gli ispirò l’idea del calato del capitello corinzio, decorato dalle grandi foglie oblunghe e profondamente incise di questa pianta. Le foglie di acanto furono adottate anche nell’architettura cristiana e nei monumenti sepolcrali, per simboleggiare la Resurrezione. I medici dell’antichità ne consigliavano l’infuso di foglie per mitigare le irritazioni viscerali e come rimedio preventivo contro la tubercolosi.

Nel Rinascimento se ne usavano le radici e le foglie per ricavarne emollienti, cataplasmi, unguenti.