E’ di San Francesco d’Assisi la paternità dell’origine del presepe, risalente al 1223, quando Papa Onorio III con la bolla Solet annuere approvò la Regola dei frati Minori. Fu così che Francesco si incamminò verso Greccio con il desiderio di celebrare proprio lì il Natale, un luogo che gli ricordava la Santa Betlemme.

Chiese che si recassero in una grotta un asino ed un bue e un altare posto sulla mangiatoia, dove sarebbe stata celebrata l’Eucaristia, senza la Sacra Famiglia, né statue o raffigurazioni. Dalla grotta di Greccio ebbero inizio le rappresentazioni del presepe, fino ai giorni nostri, divenendo patrimonio della nostra cultura e fede popolare. Un presepe che altro non è la rappresentazione quotidiana della vita semplice e umile dove è avvenuta l’Incarnazione del Figlio di Dio. Risale al 1283 la prima opera presepiale con la Sacra Famiglia e i Re Magi e, grazie ad Arnolfo di Cambio, lo scultore di questa rappresentazione, in tutto il Regno di Napoli iniziò a divulgarsi la tradizione del presepe.

Fu nel 1500 che nacque il presepe popolare e nel 1600 si introdussero momenti della vita quotidiana intorno alla scena della Natività. Il massimo splendore e le molte rappresentazioni si sono raggiunte con il presepe napoletano che raffigura la Napoli del 1700, in cui sussistono equilibratamente il bene e il male, il Paradiso e l’Inferno, tradizioni pagane e cristiane, ogni statuine che mettiamo nel presepe ha in sé una simbologia. Ma è appropriato chiamarle statuine? Le scene avvengono in un contesto agreste, pascoli sparsi qua e là, questo fa si che le nostre statuine siano in realtà pastori e pastorelle. “E gli Angeli diedero la buona novella ai pastori dormienti”, infatti il pastore cardine del presepe è Benino, dorme all’ombra di un albero e sogna il presepe, mentre il gregge gli pascola intorno. Mai interrompere il sogno di Benino, potrebbe svanire l’intero presepe.

“U pecurareddhu restau ‘ncantatu!” Appartiene alla tradizione siciliana e calabrese il pastore della Meraviglia o U ‘ncantatu da grutta, il pastorello che per primo vede in lontananza la stella Cometa e, arrivato davanti alla grotta, rimane incantato da quella visione celestiale. E’ tra tutti il pastorello più amato dalla Madonna, mentre gli altri se la presero con lui perché non portò nulla in dono a Gesù Bambino, Maria lo difese, portava in dono la sua meraviglia. Il mondo sarà salvo e diverrà meraviglioso quando l’uomo sarà capace di stupirsi così tanto per la prima volta davanti all’amore. E’ raffigurato davanti alla grotta, con le mani alzate e la bocca aperta in segno di stupore. Alcune tradizioni vogliono sia proprio il pastorello Benino che, destato dal sonno, si reca a vedere Gesù.

In alcuni presepi è presente anche Stefania, la pastorella vergine i cui Angeli, la notte di Natale, le impedirono di recarsi alla stalla. La mattina seguente, la donna avvolse un sasso in fasce e ingannò gli Angeli recandosi da Gesù; Maria, trasformò la pietra in un dolcissimo bambino, Santo Stefano. Lungo il tragitto verso la grotta si incontrano ciechi e mendicanti, sono le anime pezzentelle del Purgatorio che elemosinano una preghiera ai vivi e che per il loro stato di inquietudine non riescono a gioire della nascita Santa.

In una notte gelida in cui astronomi e dotti attendevano la Stella, nessuno aveva libero un posto caldo che potesse ospitare Maria e Giuseppe. Ma un uomo di buon cuore, poverello come loro, gli offrì una stalla con dentro un bue. Era il pastorello Gelindo, posizionato in prossimità della stalla insieme alla moglie Alinda e la figlioletta Aurelia, raffigurato con un lungo mantello e una pecorella attorno al collo. “Le pie lucerne brillano intorno, là nella casa, qua su la siepe: sembra la terra, prima di giorno”… che le luci dei nostri presepi accendano il Natale di speranza.