Ancora una volta, cercherò di utilizzare le pagine telematiche della vostra preziosa testata on line, per esprimere, spero responsabilmente, le mie considerazioni in merito alla manifestazione “Una bambola per me” ideata dall’associazione socio- culturale Thétis, di cui mi pregio di essere nel direttivo, accompagnato da mia moglie, Teresa Carmine Romeo, che ne è la presidente.                

  Invero, ci sono poche cose al mondo, credo, che dal punto di vista giuridico o sociale riescono a commuovere un uomo, toccandone le corde dell’anima e farlo crescere. Specie se queste arrivano a un tecnico del diritto o facente tali funzioni, quale me medesimo, modesto lettore di pandette. In realtà ho riflettuto molto su questa modesta e nobile professione umana, cercandola di incardinarla nel sociale e metterla al servizio degli umili, dei modesti, degli impossibilitati che vorrebbero, poiché credo che siano loro e solamente loro i capaci portatori di grandi stupori in grado di muovere il mondo e le leve della storia, la loro capacità così volitiva, così visionaria che rassoda l’idem sentire della res pubblica. A noi, tecnici del diritto tocca molto riflettere su questo, improntati e intrisi come siamo di stoicismo, razionalità umanistica, utilitarismo scientifico, tutti ausili che portano alla finalità  per una  giusta calibratura di situazioni da caso specifico che vanno poi incorniciate dentro la giusta corretta cornice edittale. Appariamo per via di questa iper razionalità spesso in posa ieratica, riflessivi, solitari per via di una professione che si dipana molto spesso in chiuse stanze notturne. Sinceramente è stato con questo approccio mentale che mi sono posto all’interno della manifestazione, per la quale ancora riceviamo plausi e complimenti cui va personalmente il mio grazie.                                                                                                     

Vero è che mi sono reso conto, causale la catena umana e sentimentale della gente onesta intorno a noi, pure e per fortuna molta, che la posa sopra scritta poco calza a quelli come noi forgiati da valori più alti, al punto tale da dover, io per primo, dubitare se l’approccio giuridico corretto sia quello stoico che tutti abbiamo imparato o invece se bisogna adottare un atteggiamento epicureo. Il mitico dubbio sorge se sei un dottore in legge e fai parte del terzo settore e sorge anche legittimo specie se le attività sono incardinate in una località come quella Bovese, che è un eterno crogiolo di menti fervide e di un tessuto sociale forte di cultura.

E’ anche vero che, nella comunità vostra, arrivato ospite, mi sono insinuato dubbioso e sono andato con i piedi di piombo, forse perché pesa ancora sulle mie spalle un passato associativo fatto di tante proposte e conclusosi con biglietti ideali forniti a persone che non hanno saputo far tesoro, approfondimento, interlocuzione, pieno dibattito, stesse persone che magari vedevano dietro l’ombra di complotto, rivòli politici cui non ho mai ambito, ‘primadonnismo’ assolutamente vuoto. Ci sono andato dunque con i piedi di piombo, ma devo dire che, in ogni attività intellettuale qui intrapresa, sono stato bene accolto e gradito e, da inatteso ospite mi subito integrato nella  vostra meravigliosa realtà, accolto uguale tra gli uguali.                                                                                                                                                            

Alla fine magicamente scopri che sei cresciuto insieme a loro in breve tempo e con molti passi, ricevi attestati di stima, affetto, sostegno, abbracci da usare come scudo e che ti ripagano da un passato deludente. Ti stupisci di come una collettività a te aliena ti sostenga e ti ripaga di frutti inaspettati quali frutti più appaganti e più buoni. Tu dai un’idea, una scintilla e la gente migliore, quella onesta e più umile ne fa una fuoco sacro di civiltà, come altare del vivere civile. E’ quello che con piacere ho notato succedere nella manifestazione conclusasi, voluta da Thétis, ove io e mia moglie la dott.ssa Romeo, non pensavamo mai di ricevere una così ampia, così sentita, così multietnica, così intergenerazionale partecipazione. Per questo mi preme ringraziare tutti coloro, nessuno escluso, che con le loro piccole azioni semplici hanno condiviso l’idea di contrastare la violenza di genere, dai negozianti con l’allestimento delle loro vetrine in rosso, per arrivare alle associazioni invitate e che di alta caratura sono stati presenti al nostro fianco, idem l’amministrazione comunale con la presenza del sindaco e il sostegno reso col patrocinio gratuito e la concessione dalla sala Irsecc.

E’ giusto che io precisi, almeno a livello soggettivo e umano, che quando il sentimento della collettività è vigile e attento, le cose funzionano e funzionano bene, è motore creativo di reti filantropiche di fraterna condivisione. In questo senso, quando operi, anche se sei “sfatto” di stanchezza sai che puoi avvertire assai meno l’enorme peso della fatica e degli acciacchi, persino se sei provato da un passato deludente e su di te grava non solo la gracilità del fisico che è diventato meno resistente con l’età e le cose da fare o sei sotto la mole dell’emotività risentita dallo stress dei giorni altalenanti. Ebbene, questo sentimento di svilimento fisico svanisce ed evapora grazie al sostegno di molti e in questi giorni ne ho la riprova. Nonostante lo sforzo sovrumano profuso per rimanere centrato e razionale, non entrando molto in empatia come la professionalità richiede, solo per la buona riuscita delle cose, ebbene, non mi è stato possibile perché travolto per fortuna dal sentimento umano, troppo umano di quanti intorno a noi si sono stretti. I quali hanno il merito, senza colpo ferire, di essere riusciti a mondare post-evento quella scorza iper razionale, distaccata, super partes, fredda e tagliente, che ti sei portato dietro con l’esperienza universitaria e che pure è servita per attraversare annosi travagli intellettuali fatti di notti insonni dove si cercava di individuare le soluzioni degli annosi problemi dell’epoca nostra. Ecco, questa opera di catarsi, di nuova realizzazione del sé accaduta in queste giornate è appagante, vero balsamo e spinta volitiva per cose migliori, è preziosa ancor di più se penso che accanto a temi sociali e giuridici necessitanti di tremenda razionalità abbiamo affiancato il connubio culturale dove domina incontrastata la fantasia e la libertà di espressione. E’ stato difficile, faticoso ma bello, al punto tale che mi sono ricordato di quando ero studente liceale e si leggeva di nascosto qualche scritto di Errico Malatesta, il mio pensiero è andato a una sua frase “…ma io non ho bisogno di stare tranquillo….”.

Ecco, oggi come allora ho tentato di farla mia, anche se rispetto ad allora ho in tasca e sulle spalle qualcosa in più, compresi gli anni che passano. Io di fronte ai problemi della società, non ho bisogno di stare tranquillo, non ho bisogno io, non ha bisogno Thétis, non ha bisogno quella umanità vista in questi giorni attorno a noi, che ci stima e che di converso stimiamo a nostra volta. Evitando la fatica del solipsismo adusa agli atti, ricerco incessante la mia non tranquillità sociale e culturale. Sono un uomo del diritto che sogna un mondo di rovescio. Ecco, è un po’ quello che è successo grazie al tessuto umano e civile di Bova Marina e credetemi, il miglior regalo, il più grande stupore, sono stati i ragazzi dell’Istituto Euclide, proprio loro che partiti in sordina dal loro laboratorio giornalistico dell’Euclidenews, si sono dimostrati sensibili, attenti, capaci, cittadini nel senso compiuto della parola. Ecco perché sono contento di non stare tranquillo, come non lo sono stato nella conferenza stampa tenuta assieme a loro, invitato nel loro laboratorio, non mettevo piede in un liceo dal 2004 giorno del mio diploma e dove non mi sentivo così teso dai tempi degli esami Universitari. Sono stato felice di non aver bisogno di essere tranquillo, quando ho dovuto dire grazie e rivolgere la mia stima alla professoressa Margherita Festa, docente di italiano della scuola, la quale arguta e di una preparazione stratosferica ha intuito che eravamo partiti per gioco e siamo finiti quasi a dare una lectio magistralis, tutti assieme, tra l’altro l’abbiamo dovuta pregare di sedere assieme a noi, umile com’è si stava defilando, persuasa solo dalla frase “…professoressa riteniamo che le cattedre appartengano meritatamente agli insegnanti e non di certo a noi”. Ho visitato il blog dei ragazzi e devo dire che sono stato magicamente sorpreso dall’alto tenore degli articoli culturali. Ecco, io non ho bisogno di stare tranquillo, quando vedo il professore Elio Cotronei commuoversi per la targa conferita come passaggio di consegne generazionali o quando vedo la dott.ssa Patrizia Gambardella fare un gesto di affetto verso chi ha sofferto. Non ho bisogno di stare tranquillo quando i ragazzi partecipano con noi o quando accanto a me siede un gigante della cultura come la prof.ssa Antonella Genova. Non ho bisogno di stare tranquillo quando vedo le opere del maestro Domenico Candela o quando recito i versi vernacolari del poeta bovese Rocco Criseo o la prosa elegante del mio compaesano Santo Aquilino.

Non ho bisogno di stare tranquillo e sono felice di non poterlo essere, lo sono perché la manifestazione “Una bambola per me” è diventata una gara di solidarietà dal titolo “Una bambola per te”, cui vi informerò tra qualche giorno e meglio. Non ho bisogno di tranquillità e per questo vi dico grazie, come dico grazie ai miei maestri cattivi personali e non, grazie anche alla mia modesta Fossato che  mi ha allevato intellettualmente, fatta di povertà e a volte di cose  brutte e drammatiche, dove per molto tempo ho vissuto povero di libri di testo in età liceale. Non ho bisogno di stare tranquillo, ma per dirla con il motto dei ragazzi dell’Euclide, iamu avanti, andiamo avanti….vi raggiunga la mia stima e il mio profondo abbraccio.