America Liuzzo nasce a Caracas, Venezuela ma da genitori calabresi e da alcuni anni traferitasi in Italia nel paese dell’entroterra reggino, San Lorenzo. América ama l’arte fotografica, la musica e la poesia ed è proprio a seguito di un incontro poetico nel borgo di Gallicianò, che io stessa ho avuto il piacere di conoscerla.

In occasione del Book Festival dello scorso luglio 2020, svoltosi nella Biblioteca Comunale di Bova M. alla fiera del libro, reparto Città del Sole edizioni, faceva capolino un titolo e soprattutto un nome “Quando ritorno ti porto un fiore. Zona di guerra 1917”. América Liuzzo. Il nome non è tra i comuni qui da noi e quindi collego subito il viso dell’unica América che conosco, sperando di riuscire a contattarla sui social. Così accadde e da lì iniziò una piacevole conversazione sul libro; è stato un piacere ritrovarsi e scoprire una donna dalle tante risorse culturali e impegno sociale.

“Quando ritorno ti porto un fiore. Zona di guerra 1917” è una storia ripercorsa grazie al ritrovamento di alcune lettere arrivate dal fronte da parte di un contadino calabrese, che è stato vittima delle patriottiche macellerie negli anni del 1915-1918. América è la pronipote del contadino analfabeta che ha affidato il suo amore e le sue pene alla penna di scrivani d’emergenza. Una storia di emigrazione e di guerra che ci fa fare i conti con la dura realtà, sfatando il mito di quanti credono che l’economia industriale abbia portato dei vantaggi nella società. Al libro segue un cd, che richiama la passione musicale dell’autrice anche, con canti inerenti alla Grande Guerra.

América omaggia con queste pagine impregnate di storia, di amore, dolore anche i caduti di San Lorenzo, mantenendo salda la memoria di Francesco Scordo e del nipote Domenico.

<< Erano passati circa vent’anni quando decisi di pubblicare le lettere di Francesco Scordo, conservate fino al allora tra i tesori di mia nonna. Le riordinai, accorgendomi che le 73 lettere coprivano tutto l’anno 1917, con ogni certezza il peggiore del periodo bellico di quel tempo. Cercavo di ricostruire un percorso, le ho trascritte tutte, scoprendo la loro rara bellezza nel sentimento di un cuore straziato ma che in ogni modo si sforza di non farlo giungere alla famiglia questo immenso dolore. Una storia dentro la quale si intreccia un’altra storia, quella di Domenico, il ragazzo di cui Francesco spesso parla nelle sue remissive.>>

Zona di guerra 1917. Squinzano, 18 febbraio

“Mia amatissima sposa,… sono rincuorato che godi di ottima salute insieme al resto della famiglia. Lo stesso posso dirti di me e mio nipote. … Ora pensa a te e alla ragazza, per me non pensare a niente che sono felice di sapervi bene. …”

Zona di guerra 14 agosto 1917

Francesco inizia a chiedere informazioni alla famiglia sul nipote Domenico, non più nello stesso reggimento dello zio. Domenico forse è morto.

Zona di guerra 28 agosto, a seguire la corrispondenza dei prigionieri di guerra arriva da territorio nemico, grazie alla Croce Rossa. Francesco fu fatto prigioniero. Muore il 23 febbraio 1918, con l’ultima cartolina alla moglie timbrato l’11 febbraio.

Francesco fece la guerra, ma sono certa avesse la pace nel cuore, come tanti altri mandati a combattere per la Patria.

<<Quando proseguivo avanti con le mie ricerche, quello che più mi ha toccata è stata la figura del “contadino analfabeta”, come faccio notare pure nel mio saggio “Ora ti porgo la mia destra mano”, scritto per la rivista “Rogerivs” della Biblioteca Calabrese”, in una edizione speciale per il centenario della Grande Guerra.                                                                                                                                                                                          

La figura di Francesco è rappresentativa di questa classe sociale mandata al macello in prima linea. E poi, ci sono i canti. Non ho voluto fare del mio libro una raccolta in più (ci sono migliaia in giro) di lettere o scritti dal fronte di guerra. Il canto del soldato che combatte è come la luce della Speranza, la denuncia, lo sfogo dal dolore e l’urlo che scongiura la paura.                                                                                                                       

Volevo ridare a Francesco la sua umana dignità, ma volevo pure attraverso lui, dare un volto a tutti gli 82 nomi scolpiti nel nostro monumento ai caduti. Pochi sanno che quella stele conserva una memoria esclusiva della Prima Guerra Mondiale.                                                                                                                                       

È stato eretto nel 1934, durante il Fascio, che paradosso!>>

America conclude dicendo che la sua è una storia nella Storia, una debole voce che trovò un punto di fuga dopo essere stata seppellita per un intero secolo.