Eh sì, gli aveva fatto proprio un gran bello scherzo Don Cosimuzzo a Limitri lu Scorciatu[2]. Ora, guardando quel bonaccione che se ne stava con gli occhi stralunati, sbalordito davanti alla radio, rideva da tagliarsi dentro. Aveva gli occhi lucidi per il troppo ridere, ma anche per il troppo vino. E alla fine, il troppo vino gli occhi glieli chiuse. Smise di ridere e cominciò a russare, sprofondato nella poltrona, mentre Limitri manco se ne accorgeva là, incantesimato, davanti alla radio.

   Non l’aveva mai vista una radio, quel semplicione. Mancava la corrente elettrica a Bova: non c’erano radio. O meglio, una c’era. Ce l’avevano al Municipio. Una radio a batteria e la sera, alle otto, l’accendevano per far sentire alla gente il Comunicato. Ma lo Scorciato non c’era mai stato: doveva lavorare per buscarsi il pane, lui: non aveva tempo per sentire le chiacchiere di quei mangiafranchi di Roma. Per la verità, una volta, una sola però, c’era stato. Fu quando Mussolini proclamò l’impero, ma c’era troppa gente. Il discorso lo stenografò il Vescovo, Monsignor Cognata, e l’Avvocato Chillè lo lesse alla folla assiepata in piazza. Ma Limitri, con tutta quella calca, la radio non la vide nemmeno da lontano. 

   E poi, quella di don Cosimuzzo nemmeno sembrava una radio. L’aveva comprata da un artigiano che si divertiva a fabbricarle nelle forme più strane: a fisarmonica, a gondola, a mulino a vento… Lui ne aveva acquistata una con tegole, porte, balconi, finestre…: sembrava proprio una casetta. E questo aveva detto che era a Limitri: una casa: la casa di lu fuddhittu.

   Quel burlone si era portato lu Scorciatu con lui a Reggio per alcuni lavoretti in un suo fondo poco distante dalla sua casa in città. La sera, a fine lavoro, si tirarono fuori vino, organettu e tambureddhu. Limitri e gli altri operai armarono suono e don Cosimuzzo, che davanti al vino si dimenticava di essere Gnuri[3], si mischiò con gli altri.

   Quando, ormai stanco e mezzo brillo, fece segno a lo Scorciato che era ora di andarsene, questi, con smorfia significativa, gli fece capire che gli dispiaceva abbandonare vino e suono.

  • Non ti preoccupare, Limitri, che a casa abbiamo vino meglio di questo e suono meglio di questo.
  • Vino sì, Gnuri, ma suono…? Chi ci suona…? La serva cu li combogghj di li cassalori?[4]
  • Sta’ tranquillo che a casa tengo nascosta (ma tu non lo dire a nessuno…) “La casa di lu Fuddhittu”. Basta dire: “Sona, Fuddhittu!” e sentirai che musica!

   A casa, mentre Limitri davanti la radio diceva con poca convinzione: “Sona, Fuddhittu!”, Don Cosimuzzo, di nascosto, girò la manopola e l’accese. Di botto si illuminarono le finestre, dall’interno della casetta uscì fuori una musica mai sentita e, per trenta e trentuno, a quel semplicione non gli prese un colpo.

   Eh sì, gran bello scherzo davvero: si era proprio divertito.

   Non si divertì, invece, quando si svegliò e vide la radio pezzi, pezzi. Era successo che, mentre lui dormiva, il Fuddhittu aveva smesso di suonare e s’era messo a parlare di brillantine, di doppi brodi, di bianco più bianco…

– Ma che chiacchiere mi vai contando? – si infuriò lo Scorciato – Continua a suonare!

   Ma ebbe un bel minacciare: “Sona, Fuddhittu!”, “Sona, nigricatu![5]” “Sona, cosu lordu!”, quello continuava le sue chiacchiere senza senso come se il conto non fosse il suo. Si sa: i Fuddhitti sono dispettosi ma, santudià,[6] con lui si metteva…? con lui non la mondava! Lo sapeva bene, lui, che ai fuddhitti basta prendergli il cappello e poi gli puoi far fare quello che vuoi, persino farti svelare il nascondiglio del tesoro. E così Limitri prese a spaccare porte, finestre, tegole, muri della casetta per trovare il Fuddhittu e prendergli il cappello.

   Ma quel dispettoso chissà quale magaria[7] gli fece che lu Scorciatu si sentì bruciare tutta la mano e gli prese un tremitò[8] per tutto il corpo che ancora sta gridando. A quelle grida, so’ Gnuri finalmente si svegliò e vide quella povera radio ridotta ad un ammasso fumante di valvole, fili e filamenti.

   Da allora, a Don Cosimuzzo passò la voglia di divertirsi a spese dei bonaccioni e Limitri lu Scorciatu, finché campò, non volle neanche sentir palare di radio, televisioni, lavatrici e altre diavolerie che hanno il Fuddhittu dentro.     

                  Francesco BORRELLO


[1] Il folletto della radio.

[2] Demetrio lo Scorticato.

[3] Signorotto, padrone.

[4] Con i coperchi delle pentole?

[5] Suona, sciagurato!

[6] Santodiavolo.

[7] Fattura, magia.

[8] Tremore, tremolio.