I giorni della paura e del coraggio. I giorni del sacrificio estremo. I giorni del silenzio e della solitudine; i giorni del dolore e dell’abbandono, della speranza e della vita. Così parleranno di lui le tempeste di Covid-19,  che si era levato come vento, trascinando nei suoi accadimenti terra e umanità. E che non è andato in archivio.  Il  suo tempo  è raccontato ancora al presente, pensando sempre ad un giorno di nuova alba, di auspicata rinascita, che oggi si delinea terra lontana.

“Verrà un tempo in cui l’Oceano spezzerà le catene dell’Universo e apparirà un’immensa terra, dove il sole non tramonta mai” (Seneca). Nell’oceano di Coronavirus, la terra intravista dal filosofo romano, appare come Thule a Pitea, che descrive, mai nessun altro esploratore come lui, il miracolo del sole che sorge dalla notte più buia.

Ma quando finirà la notte? Sospeso è il tempo sulle cose e sui  luoghi diventati fantasmi; sulle mascherine che oscurano i volti, nelle case  e nelle piazze, nelle aule scolastiche e dei tribunali, nelle chiese e nei teatri. Cattedrali di deserto. Le parole, che riportano numeri e sacche di isolamento, sono pesanti come pietre, gigantesche come le montagne. Ancora in standy by l’apparato consuetudinario del quotidiano vivere. E l’emergenza diventa ancora normalità. La vita stessa impigliata nelle maglie di uno scatenato killer, continua a stendere il suo dominio sull’uomo. L’uomo della luna, l’esploratore supremo dei meandri della scienza, il deus ex machina. Lui, dominatore e vinto.

I Latini dicevano che “figlia del suo tempo è la verità”. In questo tempo, è la verità che si aggiunge a verità. Verità di memoria che dispiega immagini, che spiega la drammaticità del momento. Cortei militari che si snodano sotto un cielo di pece, nel silenzio più ampio; il vuoto delle strade, le lacrime delle anime, l’affanno che si consuma tra i letti degli ospedali, il deserto delle morti in solitudine, lo sgomento dell’ultimo saluto impossibile. La verità, epicentro dell’apparato comunicativo, che riporta numeri: numeri che si  sovrappongono a numeri; numeri che rappresentano persone; dati che disegnano e ridisegnano curve epidemiche esponenziali, che alimentano paure, neutralizzando speranze. La verità composta della scienza che annaspa, che non dà certezze, che, resiliente, insiste e non cede. Verità scomposta nella mistificazione dei fake news ed oscurata dagli oppositori abituali e senza freni, negli apparati di scuderie di palazzo. Verità contrassegnata da fatiche senza cedimenti. Giorni frenetici, notti insonni, nei luoghi di responsabilità istituzionali, dove gli adempimenti sono scelte coraggiose, formalizzate in codici comportamentali che non ammettono deroghe; consumate in liturgie che non sono liturgie, ma reliquie.

    Perchè – come recita Lucrezio – “Non saranno la luce e il chiarore del sole a farci uscire dalle tenebre, ma la coscienza delle cose”. E il mondo ha reagito. Il mondo reagisce ancora, “testa sulle spalle e cuore nelle mani”(A. Bouguereau). Riprende fiato, elabora protocolli, escogita strategie, riordina cose e idee, pensa in chiave di  solidarietà e di fratellanza, rientra e si reinventa. Sa sorridere, piangere, persino cantare e suonare; in mescolanza di colore e di spazi, supera forme di distanziamento sociale, e si riappropria della sua dimensione di valore, come “luce che non si strozza ma dilaga, spandendosi nell’universo”(M.Goldin).

Eravamo in letargo, nel torpore assoluto. Poi il risveglio. L’abbraccio dei Governi, le risposte dell’Europa, i Popoli che premono, il Manifesto di Assisi, il manuale della Terra. La stagione in cui l’erba profuma di fiori e d’infinito, diventa parola e singulto, ma non è ancora feconda. I venti di pandemia soffiano ancora e mescolano le carte. Stravolgono programmi e piani di azioni. Rielaborano regole. Rientrano la paura, le zone rosse,  le nebbie di incognito futuro. Covid-19 è ancora presente. Da nord  a sud. in Italia e in Europa. Si espande in tutta la sua virulenza. Covid-19 domina ancora il tempo delle nostre vite, dell’economia e della storia. Ma non ha sopravvento sulla volontà di resistere: resilienza che attiva nuove conoscenze, che mantiene accesa la lampada dei valori. Ora  sappiamo che “sommare è unire e che sottrarre ci lascia soli e vuoti”(L. Sepùlveda). Più che mai, oggi, sappiamo che la vita offre sempre una speranza. E si chiama domani.

Quando Covid-19 andrà in archivio, lascerà una reliquia: il silenzio del dolore e il dolore del silenzio. ll silenzio che questa volta non imprigiona il mondo.