Riproposizione della Rubrica Europa Ellenofona di Filippo Violi deliapolis 2016 (copyright).

In un interessantissimo studio sulla grecità calabrese Giuseppe Falcone scriveva così: «Dalle stelle alle stalle! – dice un vecchio adagio popolare. E questo detto riflette fedelmente le condizioni di crisi endemica e irreversibile che ormai da alcuni lustri tende a rodere e a scardinare le strutture portanti dell’ellenismo superstite in modo particolare in Calabria: la lingua. (…) I giovani non hanno nemmeno il possesso passivo di questa parlata, che tendono ad ignorare, considerandola ormai priva di funzione comunicativa. E di conseguenza la prospettiva di sopravvivenza di questa lingua mozzata diventa sempre meno probabile, sempre più buia1».Sono passati 16 anni da quando il Falcone ha svolto queste sue considerazioni intorno alla grecità calabrese, e, da allora, non molto è cambiato, se non la continua e pervicace opera di diffusione e di resistenza degli ultimi testimoni di questa cultura.

Docente di Dialettologia presso l’Università di Messina lo studioso roccellese, già allievo del Parlangeli, compianto maestro di gloriosa memoria e amico prediletto2), come egli stesso lo definisce ed a cui dedica il suo lavoro più importante, Il dialetto romaico della Bovesìa, è da sempre stato un convinto assertore della teoria morosiana e parlangeliana, che invera storicamente la grecità calabrese in epoca bizantina.

Tra gli studi linguistici il Falcone naviga in acque tranquille, conosce bene il lago stagnante del lessico grecanico e, come il Rohlfs, ha toccato a lungo le ultime roccaforti della grecità bovese, da solo e in compagnia del Karanastasis.

Leggendo le pagine dell’opera del nostro studioso vien fatto di constatare che nulla è lasciato ai tentativi di interpretazione gratuita. Anzi certi metodi d’indagine sono proprio quelli che il Falcone rimprovera al Rohlfs, per il fatto che – a suo parere – «lo studioso tedesco si serviva di informatori poco attendibili, circoli pseudoletterari e strumentalizzati dallo stesso Rohlfs, mentre era ancora possibile raccogliere altri materiali nella Bovesìa3».

Affermava infatti il Falcone che «l’idioma romaico era ormai uno spettro evanescente, che le diaboliche macchinazioni di un ricercatore scaltrito avido di informazioni a carattere arcaizzante, riescono a rievocare ed a incarnare nelle logore e consunte spoglie mortali di alcuni vecchioni sdentati e farfuglianti, ma lucidi: l’incanto della rievocazione di una parlata in uso ai tempi della loro giovinezza li rende vivaci e loquaci, e, così, prima di morire, ci aiutano a salvare quel poco romaico che ancora sanno.

E’ la frustata emotiva del ricordo che compie il miracolo!4 ».Ma, a parte la caratterizzazione sanguigna del nostro studioso, a volte dovuti al rapporto affettuoso con il suo maestro Parlangeli, non si pensi minimamente che la sua passionalità nel contrapporsi alle tesi rohlfsiane non fosse dotata di fondamento scientifico e di altrettanta validità.

Nè si pensi che la specificità della materia faccia dimenticare al nostro studioso l’altra faccia importante della medaglia: il grecanico. Il Falcone infatti fa parte integrante di quel gruppo di intellettuali capaci di affrontare i problemi della cultura unitamente a quelli della stessa società grecanica, in una realtà regionale che conserva ancora i tratti di un passato splendido, ma di un presente e di un futuro amaro e pesante. In lui gli aspetti fondamentali della cultura non sono mai scissi dal rapporto umano, che egli stesso vive momenti mediati che possano inficiare la validità del lavoro. E’ lo stesso metodo che, qualche anno dopo, seguirà lo stesso G.A.Crupi, vivendo a contatto diretto col mondo della Bovesìa.

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L’OPERA DEL FALCONE TRA MONOGRAFIE E I TESTI MAGGIORI

Il Falcone è studioso di grande mole documentale in loco. Nei suoi scritti, a volte brevi monografie, egli compila spesso interessanti glossari, attingendo i termini dalle sue continue ricerche e dai frasi in cui questi termini vengono adoperati.

Così è per Ricerche romaiche e romanze in Calabria,o per Il lessico agro-silvo-pastorale della Bovesìa.

Nè meno interessanti appaiono – anche e soprattutto per una maggiore validità delle tesi linguistiche sostenute dal Falcone stesso -, la Storia religiosa e storia linguistica nella Calabria bizantina, attraverso l’epotoponomastica regionale5,

I riflessi antropo-toponimici del monachesimo bizantino (Note di onomastica calabrese)6 e I riflessi antroponimici della grecità bizantina e meta bizantina nella Calabria reggina.7

Pur tenendo conto degli spazi di difficoltà che gli argomenti trattati dal Falcone presentano, così come è stato per altri studiosi della stessa materia, non bisogna comunque dimenticare che l’opera complessiva del nostro studioso non è limitata alla raccolta di lemmi, lessemi o vocaboli vari.

Il Falcone non isola la materia nè la comprime alla sola e fredda elencazione delle sue ricerche e dalla loro trascrizione fonetica, meno ancora racchiude il tutto nel tentativo, a volte riuscito, di confutare le teorie del Rohlfs. Nel corso delle sue campagne di “scavo” linguistico egli si è impadronito di aneddoti, aforismi, proverbi, modi di dire, che, a parte la validità scientifica, presentano il grande pregio dell’inedito.

Seguiamo in questo quadretto di vita paesana il nostro studioso, a cui un informatore raccontava che, ai tempi di Peppe Musolino, le liti tra le donne ammogliate e le nubili spesso scadevano nell’osceno con riferimenti precisi all’intuibile desiderio che possedeva le ragazze nubili: Su vrazzi to zzintino…! su vrazzi jatì en ise prandemmèni…! Egò immeprandemmèni, ce a mmu vrai, egò echo t’alogo…! esù en to èchise…! rizz’ ema8! E’ una brevissima campionatura che ci consente però di entrare nel vivo di una società arcaica ed arcaizzante che assume a modello di vita un comportamento da “ruga”, ed un registro linguistico dove galleggiano i termini insaporiti di una lingua viva.

Alla stessa maniera il Falcone ha raccolto, dalla viva voce di autentici informatori locali, tutta una lunga teoria di kàtare (imprecazioni) in uso presso i grecanici, ed alcune canzoni e fatti che riporta nel suo Dialetto romaico dela Bovesìa e nella breve monografia Testi bovesi (Gallicianò di Condofuri) in trascrizione fonetica. L’opera del Falcone presenta quindi un’evidente validità scientifica ed un’innegabile presenza nel panorama intellettuale di quanti hanno dedicato molto dei loro studi alla salvezza ed alla valorizzazione della realtà e della cultura ellenofona.

Bibliografia

Il dialetto romaico della Bovesìa, Istituto Lombardo di Scienze e Lettere, Milano, 1973; Storia religiosa estoria linguistica nella Calabria bizantina attraverso l’epotoponomastica regionale, Incontri Meridionali, terza serie n.2, 1990;

I riflessi antropo-toponimici del monachesimo bizantino (Note di onomastica calabrese), Università di Tessalonica, 1985; Varia linguistica, Soveria Mannelli, 1984;

Testi bovesi (Gallicianò di Condofuri) in trascrizione fonetica, <<Parole e metodi, Boll. Atl.Linguist. Ital.>> 2, 1971; Ricerche romaiche e romanze in Calabria,<< Studi Linguistici Salentini,4,2>>;

I risultati delle nuove ricerche romaiche in Calabria e la teoria parlangeliana, <<Studi Linguistici Salentini – 5,1>>, 1972; Il lessico agro-silvo-pastorale della Bovesìa, Accademia Peloritana dei Pericolanti, Atti del 1ø seminario di Studi, Messina, 1991;

Nuove postille all’EWUG, <<Studi Linguistici Salentini>>, 11, 1980;

Emigrazioni romaiche e specificità del cardetano nel quadro dell’unità linguistica della <<Gricìa>> aspromontana, in Studi linguistici e filologici offerti a Girolamo Caracausi, Palermo, 1992;

I riflessi antroponimici della grecità bizantina e metabizantina nella Calabria reggina, in <<L’Italia linguistica nuova e antica>>, Studi linguistici in memoria di Oronzo Parlangeli, Galatina,1976;

La grecità dell’Italia meridionale (Il sistema fonetico bovese), Kabiros, Atene, 1992.La criticaRelazione introduttiva a Il dialetto romaico della Bovesìa di V. Pisani, A. Pertusi, G. Bolognesi dell’Istituto Lombardo di Scienze e Lettere, 17.XII,1970;

F.Violi, Storia degli studi e della letteratura popolare grecanica, C.S.E. Comune di Bova, Reggio Calabria, 1992;

F.Violi, Storia e Letteratura Greca di Calabria, Rexodes Magna Grecia, Reggio Calabria, 2000    

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Note

1 G. Falcone, La grecità dell’Italia Meridionale: Il sistema fonetico del Bovese, Kabiros, Atene, 1992, p.10

2 G. Falcone, I risultati delle nuove ricerche romaiche in Calabria e la teoria parlangeliana, estratto da Studi Linguistici Salentini – 5 (fasc. 1), 1972 p.111

3 G. Falcone, Ricerche romaiche e romanze in Calabria, estratto da <<Studi Linguistici Salentini-4 (fasc.2)>> p.56

4 G. Falcone, Il dialetto Romaico della Bovesia, Istituto Lombardo di Scienze e Lettere, Milano, 1973, p.371. [ndr] Appare di tutta evidenza comunque che questo giudizio sul Rohlfs è alimentato più da eccessivo affetto nei confronti del proprio maestro, il Parlangeli, che da una realtà effettiva.

5 In <<Incontri Meridionali>>, terza serie n.2, 1990

6 Università di Tessalonica, 1985

7 In Italia linguistica nuova ed antica. Studi linguistici in memoria di Oronzo Parlangeli I, a cura di V. Pisani – C. Santoro,Congedo editore, Galatina, 1976, pp. 301-317

8 Ti brùscia lu cunnu…! ti brùscia perchì non sì maritata….! Eu sù maritata, e si a mia mi brùscia, eu l’àiu lu cavàddhu…!tu non l’ài…! jètta sàngu! / Ti brucia il pube…! ti brucia perchè non sei sposata…! Io sono sposata, e se brucia a me, io cel’ho il cavallo…! tu non ce l’hai…! Butta sangue!