L’unica voce a levarsi, in Italia, è quella di Padre Nilo, custode del nuovo monastero di San Giovanni Theristis di Stilo, in Calabria. In sintesi, è una richiesta d’intercessione ecumenica a cattolici, evangelici e ortodossi, riuniti nella settimana di preghiera per l’unità dei cristiani.

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Oggi (24 gennaio) scoccano gli undici mesi dall’inizio dell’invasione russa in Ucraina, la guerra che Vladimir Putin ha voluto avviare il 24 febbraio 2022 come recrudescenza di ideologia zarista e sovietica.

Tra un mese fioccheranno i servizî speciali su tutti i media, ma quest’oggi – visto che la data cade alla vigilia del culmine della settimana per la preghiera per l’unità dei cristiani – mi sembra doveroso dare spazio a un aspetto forse meno illustrato dalla questione, e cioè sulle ripercussioni fratricide che la guerra sta avendo tra i cristiani ortodossi ucraini.

La situazione, da quel punto di vista, è tanto intricata quanto (generalmente) poco e male compresa/illustrata: oltre alla

  • Chiesa cattolica latina (assai minoritaria) e alla
  • Chiesa cattolica greco-ortodossa (guidata da mons. Svjatoslav Ševčuk),

ci sono una

  • Chiesa Ortodossa fondata nel 1990 da Mosca e rimasta formalmente, fino al 27 maggio 2022, nelle orbite moscovite (attualmente è guidata da Onufrij si Kiev) e una
  • piú recente autocefalia ortodossa istituita da Bartolomeo di Costantinopoli.

Dispiacerà a qualcuno, perché è invalsa anche tra i cattolici la consuetudine di rimpallarsi la favola della fondazione costantinopolitana da parte di sant’Andrea (o piú prosaicamente perché vige la parola d’ordine curiale “Papa Francesco è amico di Bartolomeo [e non di Kirill]”), ma l’atto della fondazione dell’autocefalia di Kiev da parte di Costantinopoli è stato giudicato un intervento a gamba tesa, canonicamente indebito e foriero di grandi lacerazioni, da altissimi vertici delle Chiese ortodosse. In particolare:

  • Anastasio di Tirana era intervenuto scrivendo due lettere a Cirillo, il 7 e il 15 novembre 2018, per invitarlo alla moderazione1;
  • nello stesso periodo Ireneo di Serbia aveva definito l’intervento di Bartolomeo a Kiev «il piú grande errore nella storia del trono ecumenico»2.

È dolorosissimo, ma se la settimana di preghiera per l’unità dei cristiani può e/o deve significare qualcosa è necessario che le Chiese si battano sinceramente il petto: in Ucraina milioni di innocenti stanno scontando, sí, una guerra fredda pericolosamente ripassata in padella, ma tale guerra fredda non è solo tra Mosca e Washington (e/o Bruxelles/Strasbourg), bensí anche tra Mosca e Costantinopoli (e viceversa).

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da BREVIARIUM.eu G. Marcotullio R. Scarpa