A distanza di quasi due settimane dal maxi-blitz della Dda di Catanzaro che ha smantellato il sistema mafioso di Cosenza-Rende, arrestando 200 persone, esprimiamo profondo sconcerto per le mancate reazioni da parte della società cosentina. A parte poche voci libere, prevale il silenzio e in molti casi addirittura la solidarietà (perfino istituzionale) nei confronti di arrestati e indagati per accuse gravissime legate al voto di scambio con la ‘ndrangheta e alla piena complicità con l’economia criminale. Non sono mancati neanche gli attacchi (vergognosi e inaccettabili) verso l’operato di Nicola Gratteri verso il quale, ancora una volta, manifestiamo pubblico sostegno e piena prossimità umana. L’inchiesta Reset evidenzia, ancora una volta, non solo la forte presenza criminale in città ma soprattutto la capacità reticolare della mafia di condizionare ogni ganglio del vivere economico-sociale. A Cosenza, tutti pagavano il pizzo e in tanti, troppi, erano in affari con le cosche. È incomprensibile il mutismo delle associazioni antimafia e antiracket, degli imprenditori e dei commercianti, di partiti e sindacati, di intellettuali e movimenti culturali, dinanzi allo scenario di una società inginocchiata al potere della ‘ndrangheta. 

Non intendiamo associarci all’indifferenza collettiva così come non vogliamo accettare di convivere con quello che Paolo Borsellino chiamava “il puzzo del compromesso morale”.  Intendiamo, oggi più che mai, continuare la nostra lotta contro quella pedagogia complice della cultura mafiosa che si nutre di omertà e prevaricazione impastando violenza e corruzione. Una pedagogia legittimata, anche alle nostre latitudini, dalle classi colte, le più responsabili sul piano morale e sociale della diffusa connivenza popolare con la cultura mafiosa. Dinanzi al degradante quadro della normalizzazione delle mafie e dell’imprenditoria criminale, occorre ripensare radicalmente il ruolo dell’antimafia sociale che non può più limitarsi al mero compito di vestale della memoria (peraltro lautamente retribuita con denaro pubblico) ma deve assumere pienamente la funzione di pedagogia politica del cambiamento. È arrivato cioè il momento di passare dalla resistenza all’alternativa che non può che misurarsi con la costruzione di una ‘società profondamente altra’ rispetto a quella che si nutre di esplicita complicità con la pedagogia mafiosa e l’economia della corruzione criminale.

Pino Masciari, imprenditore e Testimone di Giustizia

Giancarlo Costabile, ricercatore e docente di Storia dell’Educazione alla democrazia e alla legalità Università della Calabria