Mare increspato in una soffice brezza d’aprile ed il pensiero vola lontano su questa dura panchina al Foro Italico di Palermo. Il porto che dà il nome alla città non è distante e la calma, conseguenza della poca gente in giro per strada durante le prime ore del mattino, rende il momento storico di emergenza sanitaria meno triste. Ancora una volta il Mediterraneo è stato teatro di sangue e tragedie. Ancora una volta anime disperate di migranti hanno affrontato la più difficile avventura della loro vita affidandosi ad un destino ignoto e senza ritorno.

Altri esseri umani sono stati in questi giorni soccorsi in mare, secondo un trend in crescita se ci riferiamo al numero di quanti sono sbarcati a decorrere dal 1 gennaio 2021 al 16 aprile 2021 e comparati con i dati riferiti allo stesso periodo degli anni 2019 e 2020. Un dramma umanitario che continua a colpire l’Europa, con il suo carico di dolore e responsabilità lasciando un profondo senso di impotenza di fronte all’impossibilità di salvare chi fugge da situazioni terrificanti e inimmaginabili ai più. L’Italia, la Sicilia, l’isola di Lampedusa sono particolarmente coinvolte per la vicinanza geografica a popoli che sognano di cambiare la propria esistenza credendo alle false promesse di chi vuole solo approfittare del denaro accumulato in una vita di lavoro e che funziona da passaporto per raggiungere l’Europa. Lungi dal frenare l’esodo massiccio di chi non regge più guerra e distruzione, la pandemia ha al contrario esasperato un fenomeno che continua a colorare di sangue il Mare Nostrum.

Lampedusa, splendida perla nel mar Mediterraneo. Bianche spiagge di sabbia finissima ti rubano gli occhi dall’alto prima di accostarsi alla riva e percorrere quel tratto di mare dove l’acqua ti arriva a lungo alle caviglie, mentre tu sogni fondali blu dove i pesci nuotano liberamente. Il limpido aspetto cristallino conduce i turisti per mano in una vacanza che resterà indimenticabile e di cui porteranno sempre colori e sapori. Non tutti conoscono però i suoi lati oscuri, il litorale meno accessibile a nord dell’isola con la sua roccia a strapiombo, un precipizio che pare anticipare la tragedia consumata giornalmente in quel mare teatro un tempo di grandi civiltà. Non tutti sanno che al centro di questa splendida isola un cimitero di barconi “addita al cielo lontano” il proprio doloroso carico di sofferenza e di morte. Pochi desiderano visitare questa parte dove le conseguenze delle tante, troppe stragi ti guardano dritto in faccia.

Le giornaliere notizie di morte hanno finito per trasformarsi in routine in chi segue i telegiornali per restare informato sulla gestione dell’emergenza o sulle nuove regole da seguire nel contraddittorio cambio di colore della propria regione. Nessuno avrebbe potuto prevedere, prima di questo lungo e difficile anno, quanto avremmo ascoltato un bollettino di guerra giornaliero abituandoci alla quotidiana scomparsa di chi come noi aveva creduto nell’infallibilità della scienza. Nessuno avrebbe mai pensato che il carico di vite umane andate via come un soffio ci avrebbe sfiorato in un monotono e lento tran tran, tra un collegamento online e un altro.

Nell’attesa che l’Europa tutta si faccia carico di un problema che continua a riguardare non solo le nostre coste ma l’intera comunità, il mare prosegue la sua silenziosa testimonianza di sofferenza, spettatore muto di gente inerme annegata senza scampo e di bambini ritrovati a dormire sulla sabbia, lontani dal calore materno. Solo un’azione mirata potrà risollevare la popolazione di questa magica isola da una gestione del problema sempre più complessa. Che Lampedusa possa tornare a brillare di bellezza perché nessuno più scompaia in un giorno come tanti.