Le parole del Papa ai giovani di Economy of Francesco

Fin dal novembre 2013, nell’esortazione Evangelii gaudium che rappresenta la “road map” del pontificato, Francesco aveva parlato di un’economia “che uccide”. «Oggi – scriveva il Papa – tutto entra nel gioco della competitività e della legge del più forte, dove il potente mangia il più debole. Come conseguenza di questa situazione, grandi masse di popolazione si vedono escluse ed emarginate: senza lavoro, senza prospettive, senza vie di uscita. Si considera l’essere umano in sé stesso come un bene di consumo, che si può usare e poi gettare. Abbiamo dato inizio alla cultura dello “scarto” che, addirittura, viene promossa… Gli esclusi non sono “sfruttati” ma rifiuti, “avanzi”».

Queste parole, che avevano fatto ricadere sul Pontefice l’accusa grossolana quanto infondata di marxismo mossagli da commentatori ignari di Dottrina Sociale della Chiesa, rimangono quantomai attuali. E Francesco è tornato a parlare in modo chiaro e inequivocabile da Assisi, rivolgendosi ai giovani, per chiedere con urgenza un cambiamento del modello di sviluppo, se vogliamo salvare l’umanità minacciata da pandemie, guerre e cambiamenti climatici.

«Un’economia che si lascia ispirare dalla dimensione profetica – ha detto il Papa ai giovani di “Economy of Francesco” – si esprime oggi in una visione nuova dell’ambiente e della terra. Sono tante le persone, le imprese e le istituzioni che stanno operando una conversione ecologica. Bisogna andare avanti su questa strada, e fare di più. Questo “di più” voi lo state facendo e lo state chiedendo a tutti. Non basta fare il maquillage, bisogna mettere in discussione il modello di sviluppo. La situazione è tale che non possiamo soltanto aspettare il prossimo summit internazionale, che può non servire: la terra brucia oggi, ed è oggi che dobbiamo cambiare, a tutti i livelli».

Non basta dunque qualche azione superficiale, non bastano gli interessati espedienti di “greenwashing” per far continuare tutto come prima.

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Andrea Tornielli da VATICAN NEWS

Francesco e la via per la pace: ritornare ad Helsinki e dialogare con tutti

Le parole del Papa nel discorso alle autorità kazake contengono l’invito ad uscire dalla logica dei blocchi in cui il mondo è ripiombato

«È l’ora di evitare l’accentuarsi di rivalità e il rafforzamento di blocchi contrapposti. Abbiamo bisogno di leader che, a livello internazionale, permettano ai popoli di comprendersi e dialogare, e generino un nuovo “spirito di Helsinki”, la volontà di rafforzare il multilateralismo, di costruire un mondo più stabile e pacifico pensando alle nuove generazioni». Papa Francesco pensa al futuro del mondo, non si arrende alla logica tremenda e senza uscita, dell’escalation militare che rischia di distruggere l’umanità e per questo continua a indicare vie concrete per la pace. Vie che escano dalle vecchie logiche delle alleanze militari, delle colonizzazioni economiche, dello strapotere dei grandi e dei forti a livello internazionale.

Dalla capitale kazaka di Nur-Sultan, dove nel settembre 2001 Giovanni Paolo II in un momento tragico della storia dell’umanità alzò il suo grido per togliere qualsiasi giustificazione al terrorismo e alla violenza che abusano del nome di Dio, il suo successore Francesco ha chiesto di rinnovare lo spirito che nel 1975 portò a passi concreti di dialogo tra Est e Ovest. Ventun anni fa, l’appello di Papa Wojtyla – che pochi mesi prima degli attentati alle Torri Gemelle era entrato a piedi scalzi nella moschea degli Omayyadi di Damasco – era rivolto innanzitutto ai leader religiosi. Oggi quello del suo secondo successore, preoccupato per la Terza Guerra Mondiale ormai non più “a pezzi”, è rivolto soprattutto ai leader delle nazioni, in particolare ai grandi.13/09/2022

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Da VATICAN NEWS ANDREA TORNIELLI