IN TEMPO DI ELEZIONI, DI DISCORSI DAL PALCO E SIMILI, POCHI A DIRE IL VERO VISTO LO STRAPOTERE DEI MEDIA, HO PENSATO DI PRESENTARE L’ARGOMENTO COME SE FOSSI SU UN PALCO.

Amici,
oggi voglio parlarvi di prigionia.
Non quella delle carceri, ma quella ben più subdola delle menti.
Perché sì, ci sono prigionieri che non indossano catene, ma portano addosso le loro idee come manette.


Ci sono ergastolani della cultura e condannati ai domiciliari dell’ideologia.

E, credetemi, sono ovunque.

Gli ergastolani della cultura sono quelli che non cambiano mai idea.
Quelli che hanno costruito una cella con le proprie certezze e ora la difendono come se fosse un tempio.
Hanno studiato, sanno tutto — ma non ascoltano più nessuno.
Sono i guardiani del passato, i dogmatici del sapere, quelli che confondono la coerenza con la chiusura.
Ogni dubbio li spaventa, ogni novità li irrita.
E così, nel nome della cultura, hanno smesso di crescere.
Vivono nell’ergastolo delle proprie convinzioni, e lo chiamano coerenza.

Ma dall’altra parte — attenzione — ci sono i condannati ai domiciliari dell’ideologia.
Quelli che cambiano bandiera a ogni stagione.
Oggi gridano “rivoluzione!”, domani sussurrano “ordine”.
Oggi si indignano, domani si adeguano.
Non hanno radici, solo convenienze.
Non hanno pensieri, solo posizioni.
Vivono in un eterno trasloco ideologico: pronti a cambiare casa, partito, pensiero, purché restino nella zona di comfort.
Sono i camaleonti della parola, gli acrobati del consenso.
E il loro continuo muoversi non è libertà: è paura.
Paura di restare soli, paura di pensare da sé.

E così eccoci qui:
Da un lato l’ergastolo della certezza.
Dall’altro i domiciliari della convenienza.
Da una parte chi non cambia mai, dall’altra chi cambia sempre.

Da una parte la rigidità che paralizza e dall’altra la flessibilità che svuota.
E nel mezzo — nel mezzo — c’è la libertà.
Quella vera.
Quella che non urla, ma resiste.
Quella che non obbedisce, ma ragiona.
Quella che non serve un padrone, ma cerca una verità.

Essere liberi, amici miei, non significa restare fermi né cambiare per moda.
Significa avere un pensiero, e avere il coraggio di difenderlo, ma anche l’umiltà di metterlo in discussione.
Significa sapere da dove veniamo, ma anche dove vogliamo andare.
Significa camminare a testa alta, anche quando è più comodo piegarla.

E allora basta con gli ergastolani del passato!
Basta con i domiciliari dell’opportunismo!
Abbiamo bisogno di pensatori liberi, di cittadini coraggiosi, di menti che non si inginocchino davanti al dogma né davanti all’applauso.
Abbiamo bisogno di una cultura viva, che non custodisca verità ma ne cerchi di nuove.
Perché una società che smette di pensare è una società che smette di respirare.

In fondo la cultura non dovrebbe essere una prigione, né una casa di passaggio, ma un viaggio continuo fatto di soste incontri, scoperte e ripartenze: VIANDANTI LIBERI DELLA CONOSCENZA.

Amici,
la libertà del pensiero è l’ossigeno della democrazia.
E oggi più che mai dobbiamo difenderla.
Non con slogan, ma con responsabilità.
Non con le mode, ma con la coerenza del dubbio, con il coraggio della complessità, con la forza della verità. Perché solo chi rifiuta la cella e diserta il domicilio può davvero camminare a piedi nudi nella libertà del pensiero.
E quella, credetemi, è la rivoluzione più grande di tutte.

QUESTO E’ IL DISCORSO, MA CREDETEMI LA STRADA PER ARRIVARE ALLA PROPRIA LIBERTA’ E’ LUNGA DA PERCORRERE, E’ UN PERCORSO CHE NON SI IMPROVVISA.

Alla libertà non si arriva per proposizione esplicita – si fa cosi, tu lo fai e diventi libero – no!

Alla libertà si arriva per assunzione implicita, praticando il pensiero libero, quel pensiero che passa da quella tanto decantata formazione dell’uomo e del cittadino negli indirizzi educativi scolastici. Una formazione che rimane una bella parola sulla carta ma che non si realizza perché non bastano i contenuti, presenti a iosa sui libri e nel web, che informano e non formano. La differenza la fanno il metodo di lavoro, le modalità di presentare i contenuti, l’esercizio critico, l’abitudine a non considerare definitive le verità, lo sviluppo di un adeguato atteggiamento di ascolto. Semplificando al massimo, per formare un soldato ootato all’obbedienza si usa un metodo per formare un cittadino democratico se ne usano altri.

Il discorso è lungo, lo affronteremo in altra occasione.

Intanto viene spontaneo chiedersi: Ma i formatori sono formati allo scopo?

Studiosi come Karl Popper, il massimo filosofo della scienza del secolo scorso, quanti li conoscono con la sua logica della scoperta, il suo principio di falsificazione? La verità è come un imputato va processata. Niente verità dogmatiche.

Chi vuole fondare una società basata su verità assolute non costruisce una società ma una gabbia. La libertà è sempre ricerca aperta, fertile, feconda, basata sull’errore e sul pensiero critico. Come dire che la nostra matrice cognitiva deve essere sempre aperta ai nuovi apporti, e se questi nuovi apporti incrinano le proprie convinzioni bisogna modificarle per pervenire ad un nuovo assetto. E’ faticoso perché si determina una momentanea destabilizzazione e … troppi preferisco riposare su fallaci certezze. E’ meno faticoso annullare i nuovi apporti assimilandoli, ma è funzionale ai manipolatori che preferiscono le gabbie del pensiero: gli ergastolani sono sempre disponibili.

La strategia di alcune forze politiche negli ultimi trent’anni, con un ben studiato disegno di comunicazione, ha creato una gabbia attorno agli adepti compattandoli con strategie mirate e ha creato le condizioni perché gli altri si allontanassero dalle urne.

Risultato: chi viene eletto ad esempio con il 58% sul 44,14% di votanti, rappresenta circa il 25% degli elettori. Pensateci! Le minoranze governano, grazie all’enorme numeri di mancati votanti, nel nostro caso circa il 56%. E’ il caso delle elezioni regionali in Calabria, non dissimile da quello delle politiche.

Ma come avviene la manipolazione? Erich From, Noam Chomsky, democrazia recitativa hanno molto da insegnare.

Ma stiamo andando lontano.

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Nell’immagine di copertina la statua della libertà a New York, donata dai francesi al popolo degli Stati Uniti nel 1886 per commemorare il centenario dell’indipendenza; rappresenta la libertà e la democrazia simboli condivisi dalla nazioni. Ma siamo sicuri che è al posto giusto anche oggi?

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Per chi vuole approfondire

LIBERTA’ E INFORMAZIONE

1 Elio Cotronei: https://www.deliapress.it/editoriali/democrazia-siamo-sicuri-ma-chi-decide-in-sostanza-siamo-veramente-liberi-di-scegliere-e-la-liberta-come-si-concilia-con-linformazione/

DEMOCRAZIA RECITATIVA

Elio Cotronei: https://www.deliapress.it/editoriali/democrazia-recitativa/

LA SINDROME DELLA RANA BOLLITA

Elio Cotronei: https://www.deliapress.it/editoriali/la-sindrome-della-rana-bollita-saltiamo-ora-o-ci-tocchera-la-sua-sorte/

CHOMSKY

Elio Cotronei: https://www.deliapress.it/editoriali/mi-sono-incontrato-con-chomsky-dovrebbero-incontrarlo-tutti/

ECHO CHAMBERS

Elio Cotronei: https://www.deliapress.it/1-cronaca/echo-chambers/

INFORMAZIONE SURRETTIZIA

Elio Cotronei: https://www.deliapress.it/editoriali/si-scrive-informazione-surrettizia-dice-una-verita-ma-ha-leffetto-di-una-menzogna-saper-vivere-e-saper-discernere-nel-bombardamento-mediatico/

FROMM

Elio Cotronei: https://www.deliapress.it/editoriali/fromm-avere-o-essere-dare-un-senso-alla-vita-costruendo-un-se-autentico-per-chi-vuole-andare-in-profondita/