Comare Nina le sapeva fare le iniezioni ma non per questo la chiamavano “La crocerossina” anche se
qualcuno lo credeva. Il soprannome aveva avuto un’altra origine e poi la rima aveva aiutato: “Comare Nina
la crocerossina”. Suonava bene.
Tutto aveva avuto inizio con una fila alla posta. Era il giorno delle pensioni di guerra e Mastro Nardo era in
fila col nipotino che si era portato appresso. Nella fila era preceduto da alcuni vecchietti ma quale non fu la
meraviglia del bambino quando vide in fila anche comare Nina…

  • Nonno, e comare Nina che ci fa qui?
  • È venuta anche lei a riscuotere la pensione di guerra.
  • Di guerra?! Ma stai scherzando?! E che c’entra lei con la guerra?
    Comare Nina, che aveva sentito, si girò indietro e disse al piccolo:
  • C’entro, c’entro, figghjceddhu, come no? Anche io ho dato il mio contributo alla patria. Sono stata
    anch’io sulle pietraie del Carso.
  • Una femmina?
  • Sì, gioia, e là quando arrivavano le granate non guardavano se eri maschio o femmina!
  • Ma mi state pigliando in giro…? La guerra non è una cosa da uomini?
  • No, figliuol caro – intervenne il professor Bertini, anche lui in coda – non soltanto. A volte anche le
    donne danno il loro contributo.
    Qualcuno nella fila ridacchiò. Il professor Bertini lo zittì con un’occhiataccia e continuò:
  • Al fronte ci sono: crocerossine, portatrici, qualche giornalista inviata di guerra e poi ci sono le dame
    di carità e le madrine di guerra che danno un contributo a distanza raccogliendo fondi le une,
    intrattenendo contatti epistolari le altre.
  • E che sparano a fare con le pistole se sono a distanza? Ci vuole almeno il fucile!
  • No, no, bello mio… intrattenendo contatti epistolari non vuol dire sparando con le pistole, vuol dire
    scambiandosi corrispondenza. Nel nostro caso, cartoline postali.
  • E perché non lettere?
  • Perché le lettere sono in busta e invece le comunicazioni devono poter essere lette dalla censura.
  • E che cos’è la censura?
  • È una brutta cosa ma in guerra è un male necessario perché bisogna evitare che informazioni
    importanti giungano all’orecchio del nemico.
  • Capisco. Ma, tornando a comare Nina, di tutte quelle cose che avete nominato prima, cos’è di
    preciso che faceva in guerra?
    Nuovamente qualcuno nella fila ridacchiò.
  • Scusa, piccolo, ma sta arrivando il mio turno – farfugliò il professore – te lo spiego un’altra volta o
    te lo spiega a casa il nonno.
    Il bambino, un po’ deluso dalla mancata risposta, un po’ innervosito dall’attesa, cominciò a dare segni di
    insofferenza. Comare Nina se ne accorse e si rivolse al nonno:
  • Mastro Nardo, vedo che il nipotino, povera criatureddha, si è stancato. Se volete vi cedo il posto
    ché lo sapete che se posso farvi un favore ve lo faccio volentieri.
    Nella fila ripresero a ridacchiare e a darsi di gomito.

Sì, è vero, si è stancato! – tagliò corto Mastro Nardo – Perciò è meglio che ce ne ritorniamo a casa.
Poi torno più tardi, da solo, quando c’è meno fila.
E, preso il nipotino per mano, se ne andò via.
Quando arrivò a casa trovò tutta la famiglia e qualche vicino seduti nel cortile ché era venuta in visita
cugina Bettinuzza, tornata per le vacanze dalla Sicilia, assieme al marito, il professor Musarra.

  • Mamma, mamma – corse gridando il bambino – sai che è successo? Alla posta c’era in fila comare
    Nina per ritirare anche lei la pensione di guerra, pensa un po’. Ma la fila era proprio lunga e il
    nonno se ne è voluto tornare a casa anche se comare Nina si era offerta di cedergli il posto.
  • Già… – ironizzò comare Cata, la nonna – quella… signora è sempre molto… disponibile. È famosa in
    tutto il paese per questo!
    La nonna non poteva schiarirla a comare Nina ma non per il mestiere che aveva fatto in guerra, al seguito
    dei soldati. Su quello non si permetteva di giudicare che era cristiana battezzata e sapeva quello che diceva
    il vangelo. E poi… comare Nina era emigrata al nord in cerca di lavoro e non era colpa sua se era scoppiata
    la guerra e lavoro non se ne trovava e, per la fame, si era arrangiata come aveva potuto.
    No, non era per quello. Non la schiariva perché in campagna avevano i fondi vicini e, tanti anni fa, un giorno
    che lei non c’era, la sfacciata aveva provato ad invitare compare Nardo, che era un bell’uomo, nella sua
    casupola.
  • Venite, compare Nardo, che sto per friggere due zippole e ce le mangiamo assieme.
    Compare Nardo che, come la moglie, era anche lui cristiano battezzato, declinò l’invito.
  • No, vi ringrazio ma preferisco rientrare e mangiare in famiglia con i miei.
    Poi, arrivato a casa, lo raccontò anche alla moglie per scongiurare definitivamente il rischio che qualche
    volta gli venisse la tentazione di accettare l’invito. Comare Cata la prese molto male e voleva andare a
    prendere per i capelli quella svergognata ma alla fine si convinse a lasciar perdere ché poi il paese avrebbe
    parlato per settimane. Però il risentimento rimase e non se ne andò mai.
    Così ora, a sentire l’episodio, l’antico rancore si risveglio prepotente e lei si trattenne a stento e solo per
    non turbare il nipotino.
  • Una donna a prendere la pensione di guerra? – intervenne cugina Bettinuzza – È mai possibile?
  • Sì, Sì! – si affrettò ad affermare il bambino – Me lo ha spiegato il professor Bertini. Mi ha detto che
    in guerra ci possono essere donne che fanno le crocerossine, le portatrici, le giornaliste o, stando a
    casa, le madrine di guerra o le dame di carità. Comare Nina non ho capito bene che faceva… forse
    la giornalista…
  • Ma che giornalista che sa appena fare la firma! – sbottò la nonna.
  • Mah! Io questa delle donne in guerra non l’ho mai sentita. – insistette cugina Bettinuzza – E quelle
    madrine di guerra o dame di carità o com’altro si chiamavano cosa facevano al fronte?
  • No, no – corresse il bambino – non erano al fronte. Mi ha spiegato il professor Bertini che, come
    madrine di guerra o dame di carità, si può dare un contributo anche a distanza.
  • Sì è vero – intervenne la nonna che non ne poteva più – ma comare Nina il contributo lo dava da
    vicino…
  • Sì, questo lo avevo capito – disse il nipotino – e credo pure che abbia rischiato di morire perché ho
    sentito uno della fila che diceva che era al patibolo militare.
  • Nel postribolo militare – corresse il professore e, dopo un attimo, si morse la lingua.
  • E che cos’è?
  • Che cos’è…? che cos’è…? È… diciamo… una specie di prigione, di campo di concentramento… – e,
    dopo una breve pausa, aggiunse, compassionevole e a voce bassa – e, per chi lo scelse per bisogno,
    forse lo fu davvero!
  • E in questo po… po… postibrolo chi c’erano? Le portatrici?
  • No, bello mio, c’erano… c’erano le… come dire… insomma c’era un’altra categoria di donne anche
    se ora mi sfugge il nome…
  • Volete che vi rinfresco io la memoria, professore? – ironizzò la nonna.
  • No, no, non ha importanza. – arrossì il professore – L’importante è che il bambino sappia che
    bisognava tenere alto il morale delle truppe e che c’erano signore che lo facevano da casa
    intrattenendo corrispondenza epistolare o raccogliendo fondi e altre, come comare Nina, che lo
    facevano sul teatro del conflitto.
  • Ah, il teatro! Ora ho capito: facevano gli spettacoli per i soldati al fronte! Intrattenevano i militari
    con la loro arte…
  • Beh – disse la nonna – se vogliamo dirla così…
  • Allora comare Nina era un’artista…?
  • Non proprio, figliuolo – rispose il professor Musarra, sempre più rosso, torcendosi le mani.
  • Ma insomma, se non era artista, non era portatrice, non era giornalista ed era in guerra e prende la
    pensione allora era per davvero un soldato e ha combattuto battaglie anche lei.
  • Ah, quest’è vero, per coscienza… – affermò la nonna scuotendo la testa – sicuramente battaglie ne
    ha fatte tante… ma proprio tante.
  • Ah, sì? E in che arma era: Fanteria… Artiglieria…?
  • Era… era nei corpi speciali. – spiegò la mamma.
  • Ma speciali… speciali. – intervenne comare Cata.
  • Ah, sì? E con che grado, nonna?
  • Con che grado? Col grado di grandissima…
  • …di grandissima crocerossina! – si affrettò a completare la frase la mamma.
    L’episodio, come sempre accade nei paesi, corse di bocca in bocca e così comare Nina, inaspettatamente, si
    trovò arruolata, dalla sera per la mattina, nel glorioso Corpo Infermiere Volontarie della Croce Rossa
    Italiana.