Termini Imerese sta vivendo uno dei momenti più tragici della sua storia. Un’economia disfatta dalla crisi generale, e la coincidenza con la chiusura della Fiat e di altre fabbriche hanno acuito una crisi che ha messo in difficoltà tante famiglie.

Con una minore capacità di spesa le attività produttive di Termini si sono contratte, la vivace realtà artigianale e commerciale che aveva rappresentato nel passato l’emblema della fiorente economia cittadina si è quasi spenta. La recessione e il calo del lavoro degli ultimi decenni hanno spinto molte attività a chiudere.

Una situazione disastrosa e destinata a peggiorare.

I pochi capitali che circolavano all’interno della nostra realtà locale e avevano permesso la resistenza di un tessuto commerciale e artigianale si sono dissolti. Una diffusa abitudine a comprare fuori città e l’espansione dell’ecommerce ha devastato ulteriormente l’ormai fragile economia cittadina.

Tutto ciò, lentamente, e spesso inconsapevolmente, sta distruggendo Termini Imerese.

Non siamo per l’autarchia, ma in momenti eccezionali occorrono risposte straordinarie e coraggiose e siamo convinti che a farle per prima deve essere la stessa comunità locale se vuole continuare ad esistere. Senza aspettare ancora una volta aiuti esterni di improbabili salvatori con poteri taumaturgici.

Vogliamo dare vita ad un circuito collettivo virtuoso, e chiediamo alle persone di comprare a Termini, acquistando prodotti del territorio. Di spendere qui i propri soldi che serviranno a valorizzare e far sopravvivere le nostre professionalità locali.

Ma non è solo un problema di denaro. Vuol dire anche ricostruire una rete di rapporti umani. Significa scegliere di non spendere in un luogo dove siamo considerati solo consumatori anonimi da spremere, o rischiamo di diventare umanoidi che comunicano attraverso il computer, di parlare da soli e aumentare il senso di frustrazione e di solitudine collettiva. Le nostre attività cittadine sono e devono essere sempre di più non solo un luogo dove fare acquisti, ma dove fa piacere trascorrere del tempo, e riscoprire quello che sono punti di riferimento anche ‘fisici’ nella geografia dei nostri quartieri, grazie ai quali la realtà è meno estranea e più sicura.

Occorre rilanciare il commercio, l’artigianato, valorizzare i prodotti locali, promuovere l’agricoltura. Mettersi insieme, con dignità, umiltà e onestà, ripartendo da tutto ciò che di buono e bello hanno fatto coloro che hanno abitato questa città prima di noi.

L’obiettivo è quello di far riscoprire il senso di appartenenza a Termini Imerese, le radici comuni, l’orgoglio di essere parte della stessa comunità. E’ l’unico modo per far rinascere la città. Tutte le altre idee o proposte non hanno futuro.

La sfida è di lavorare insieme per creare le condizioni di riscatto e sviluppo del nostro territorio.

Sentiamo crescere in tanti una voglia di andare via, di abbandonare questo luogo ritenuto ormai senza più speranza. Una scelta che non ci appartiene. Noi abbiamo deciso di restare a Termini e di impegnarci per farla rivivere.

Se la storia ci ha insegnato qualcosa è che una comunità anonima, divisa ed egoista è destinata alla morte.

Solo coloro che sono in grado di recuperare il senso di appartenenza ad una stessa collettività, di riscoprire valori condivisi ed una forte identità, possono permettere ad una città di superare anche le crisi più drammatiche e di rifiorire. E noi abbiamo deciso di percorrere questa strada.

 

Alfonso Lo Cascio, giornalista; Giuseppe Battaglia, pensionato; Cettina Rizzo, avvocato; Cosimo Serio, tecnico comunale; Nino Ferrara, associazione Spartacus; Giovanni Iannuzzo, medico psichiatra; Alessio Lo Bello, architetto; Maria Carla Messineo, pensionata; Vincenzo Sperandeo, geometra; Valeria Calantoni, studentessa; Giuseppe Moreci, imprenditore; Carmelo Spica, artigiano; Calogero Russello, impiegato; Ignazio Vivirito, impiegato comunale; Anacleto Oliveri, pensionato; Ezio Battaglia, guida turistica; Giuseppe Bonafede, impiegato; Benedetto Aiello, macchinista FFSS; Vincenzo Giuffrè Marsala, impiegato; Anna Lo Cascio, imprenditrice; Loredana Russo, senatrice; Giovanni Scavuzzo Battaglia, pensionato; Angelo Gaeta, meccanico; Antonino Salerno, disoccupato; Gaspare Marino, elettricista; Valeria Faso, studentessa; Giuseppe Lo Bello, sindacalista; Giuseppe Sacco, pensionato; Rosalia D’Anna, insegnante; Gino Licata, impiegato; Salvatore Moreci, pensionato; Salvatore Mantia, insegnante; Giovanna Buccheri, pensionata; Antonio Gatto, tabaccaio; Giuseppe Liuzzo Rampino, cassaintegrato; Michela Longo, pensionata; Concetta Belladone, insegnante; Salvatore Vazzana, pensionato; Salvatore Scaccia, impiegato; Pietro Pilato, geometra; Pietro Vazzana, elettricista; Nino Egiziano, pensionato; Antonina Lo Cascio, ristoratore; Aldo Bacino, pensionato; Ninò Cirà, impiegato comunale; Giuseppe Cumbo, impiegato; Agostino Moscato, insegnante; Alessandra Birzillieri, designer; Pietro Peritore, barbiere; Pietro Corso, disoccupato; Maria Concetta Palumbo, impiegata; Lillo Scibetta, commerciante; Anna Laura Palmisano, studentessa; Maria Concetta Pusateri, casalinga; Giuseppe Palmisano, studente; Pietro Comella, pasticciere; Filippo Furnari, speaker radiofonico; Marica Lupo, casalinga; Agostino Morana, muratore; Liboria Morana, commessa; Francesco Calvagna, imprenditore; Elisa Vassallo, libera professionista; Giuseppina Palmisano, commerciante; Liborio Garbo, ass. Banca del tempo; Giuseppe Sancarlo, pensionato; Enza Luzzio, ­­­­educatore cinofilo; Giampiero Miosi, agronomo; Giusy Giardina, pensionata; Pietro Faso, agente immobiliare; Pippo Preti, bancario; Alessandra Pusateri, casalinga; Maria Antonietta Montechiaro, imprenditrice; Giuseppe Graziano, pensionato; Emanuele Zammito, assistente sociale; Giuseppe Gentile, impiegato Inps; Francesco Marramaldo, fisioterapista; Tiziana Trapani, casalinga; Leda Farinella, insegnante; Angelo Calvagna, pensionato; Isabella Cosentino, insegnante;  Vincenzo Albamonte, infermiere; Caterina Saiù, insegnante; Emanuele Aglieri Rinella, disoccupato; Salvatore Faso, studente; Lina Arrigo, insegnante;  Daniele Spallino, disoccupato; Alessandra Saieva, consulente fiscale; Augusta Ilardo, psicologa; Martina Polito, studentessa; Emanuele Carlisi, fotografo; Agata Calderone, esperto contabile; Giuseppe Sciurca, chef; Carmelo Di Stefano, commerciante; Antonio Saldì, pensionato; Marta Sperandeo, studentessa; Antonino Di Stefano, titolare B&B; Mario Bellia, pensionato; Maria Grazia Faranda, insegnante; Antonio Scalia, impiegato; Gabriele Mario Milano, ristoratore; Ettore Di Maio, studente; Rossella Rizzo, impiegata; Salvatore Polito, infermiere; Maria Concetta Scaletta, impiegata; Katia Calà, commerciante.